31 luglio 2008

L'aiuto di Tremonti? Un salvagente di piombo

(Il Salvagente)
 
di Francesco Martini

L’oracolo ha parlato: “Nei prossimi mesi – ha detto la Banca centrale europea - non sappiamo che succederà”. Come predizione è un po’ incerta. Se non lo sanno loro, figuriamoci quei 3,2 milioni di italiani che hanno sottoscritto un mutuo e chiedono un segno dalla Bce, con lo stato d’animo di chi aspetta la manna, oppure un terremoto.
I tassi d’interesse dovranno salire ancora? Da questo dipende la vita quotidiana di tante famiglie con un mutuo a tasso variabile. Per loro, negli ultimi quattro anni, gli interessi sono schizzati alle stelle e il peso di ogni rata, in molti casi, è addirittura raddoppiato. Ecco perché le parole di Klaus Liebscher, del consiglio direttivo della Banca europea, cadono dal cielo come fulmini. Ha detto: “I tassi sono a un buon livello, per il momento. Non abbiamo ancora esaurito il nostro margine di manovra. E’ meglio agire per prevenire incontrollati aumenti dell’inflazione, piuttosto che curarla dopo. Siamo pronti ad adottare le misure necessarie per raggiungere l’obbiettivo”. Traduzione: per frenare l’inflazione la Bce pensa di alzare ancora i tassi, non subito, ma fra qualche mese.

Stando all’ultimo rapporto di Unicredit Banca per la Casa, presentato alla stampa lunedì 28 luglio, gli italiani continuano a sottoscrivere finanziamenti per gli immobili allo stesso ritmo dell’anno passato (la contrazione, rispetto al 2007, è minima). Oltre il settanta per cento dei contratti è a tasso fisso. Tre anni fa, la stessa percentuale era riservata al variabile. Segno che il coraggio di scommettere, in genere, è diminuito.
Il risultato è semplice: le offerte a tasso fisso saranno riviste in peggio, come ammette l’amministratore delegato del comparto immobiliare di Unicredit.
L’ultimo aumento del costo del denaro risale a 3 giugno scorso, quando l’Euribor (l’indice di riferimento a breve termine) era già salito di 0,25 punti percentuali, fino al 4,25%.
Da un paio d’anni, ormai, gli esperti sostengono che la corsa dei tassi è quasi al termine. Ma ancora non si ferma e chi si ritrova a pagare debiti con interessi superiori al 6%, adesso, non vede l'ora di tirarsene fuori, cambiare mutuo, scegliere uno strumento finanziario più affidabile o tentare di abbassare la rata. Forse una soluzione c'è. Ma attenzione.
Nel corso di questo mese, in molte case, dovrebbe arrivare una lettera dalle banche. E’ una ciambella di salvataggio lanciata dal ministro dell’Economia. Giulio Tremonti, infatti, ha raggiunto un accordo con l’Abi, fissando i parametri minimi per i clienti che vogliono “rivedere le regole” del loro mutuo.
Con queste lettere, già in partenza, le banche informano i clienti che possono “rinegoziare” e scegliere di pagare, a partire da gennaio 2009, il tasso fisso medio di interessi applicato nel 2006. Detto così, sembra un bellissimo regalo.
Possibile che le banche, per spirito di fratellanza con i clienti (e per fare un favore a Tremonti) abbiano deciso di rinunciare a una montagna di interessi? Chiaramente, non è così.
Gli istituti di credito hanno ottimi motivi, diversi dalla solidarietà, per applicare le condizioni proposte dal ministro. Perché le rate, è vero, diventano meno pesanti, ma la durata dei mutui, in proporzione, si allunga. Per il cliente, maggiore è il beneficio momentaneo, peggiori sono le condizioni a lungo termine. Le banche, infatti, non “dimenticano” di calcolare gli interessi: li mettono, per così dire, in un cassetto, per farli pagare in un secondo momento. Così, se i tassi continuano a crescere, il debito si può trascinare per un tempo lunghissimo.
Per comprendere al volo il meccanismo, facciamo una simulazione. Chi deve restituire 125mila euro in venticinque anni, ad esempio, rischia di andare incontro a un incubo lungo trentasette anni, con un esborso mensile di 717 euro. In questo caso, oltre alla cifra iniziale, il cliente verserà alla banca altri 74mila euro. Questo nella migliore dell'ipotesi, ovvero supponendo che i tassi restino fermi ai livelli attuali. Altrimenti, il debito può trascinarsi per una quarantina d’anni, permettendo alla banca di incassare 140mila euro in più.

Chi aspettava un intervento deciso da parte del governo, come quello varato sabato scorso negli Stati Uniti, non può tentare neanche un paragone. Il Paese del liberalismo economico ha stanziato 300 miliardi di dollari per salvare gli enti para-statali che fanno da cuscino all’economia immobiliare, con l'obbiettivo di tirare fuori dai guai circa 400mila famiglie che stanno perdendo la casa. Certo, la situazione italiana è completamente diversa, ma il salvagente lanciato dal governo sembra fatto di piombo e potrebbe portare più danni che benefici. Ad esempio, pesando sul mercato come una grave intromissione.
Prima dell'intervento di Tremonti niente vietava di rinegoziare i mutui, magari strappando condizioni migliori. Grazie alla “portabilità gratuita” introdotta nel 2007 con la legge Bersani, è già possibile scegliere le offerte da una banca all’altra, magari avviando trattative. L'ultimo intervento del governo, che suggerisce condizioni decise a tavolino, è una mossa pericolosa. Non a caso Antonio Catricalà, presidente dell’Antitrust, già a maggio ha lanciato un avvertimento: c’è il forte rischio che il metodo Tremonti, invece di favorire i cittadini, “possa comportare procedure obbligate o vincolanti, limitative della concorrenza fra banche” e che possa condurle “a non differenziarsi nelle condotte”, come se fossero “rigidamente definiti tutti i criteri, senza alcun incentivo a competere migliorando le condizioni a vantaggio della clientela”.
Attenzione quindi alle lettere con il simbolo della banca che arriveranno in questi giorni. Si potranno giudicare già dall'aspetto. Se avranno un'apparenza invitante, scritte a caratteri grandi e colorati, con slogan accattivanti che promettono di rinegoziare il mutuo a condizioni migliori di quelle proposte dal ministro Tremonti, è un buon segno: significa che la concorrenza è ancora in gioco e vale la pena di prenderle in considerazione. Se invece il tono è burocratico e la lettera somiglia a una circolare ministeriale, meglio tenersi alla larga.