(Il Salvagente)
di Francesco Martini
di Francesco Martini
Per tre giorni sono rimasti sul marciapiede e hanno passato la notte al freddo con le coperte e i viveri della Caritas, ma all’ora fatidica, alle 14.30 di martedì 14 marzo, quando è iniziata la grande gara per i permessi di soggiorno, le saracinesche rimaste abbassate. Gli uffici postali non hanno aperto in tempo. Così è svanita, per centinaia di immigrati, l’opportunità di un lavoro regolare: volevano consegnare i moduli per primi nella speranza di entrare nelle graduatorie, ma alcune agenzie di Poste hanno aperto con grave ritardo, quando la soglia delle 170mila richieste previste dal decreto flussi era già stata superata (alle 14.31 ne erano già state presentate 30.000).
Eppure sui giornali, in queste settimane, il ministro degli Interni Scajola e l’amministratore delegato di Poste Italiane, Sarmi, ci hanno assicurato che tutto è filato liscio, e che la gestione delle oltre 480mila domande è stata un capolavoro di efficienza. Grazie a un raffinato sistema di lettori ottici e collegamenti informatici, nei 20mila sportelli dedicati agli immigrati (“avremmo potuto aprirne 25mila”, ha dichiarato Sarmi, senza spiegare perché sono rimasti chiusi) sono stati registrati l’ora, il minuto, il secondo e il decimo di secondo di consegna dei moduli. Un grande, impeccabile meccanismo a orologeria? Non proprio.