2 marzo 2006

Il 5xmille? Al golf club e alla Guardia padana

(Il Salvagente)
 
di Francesco Martini

Avanti, c’è posto! Guardia Nazionale Padana, Club amici delle Topolino, Associazione dei commercialisti della Lombardia, Associazione dei medici urologi di Gioia del Colle: si incontrano parecchie sorprese nello sterminato elenco delle associazioni e degli enti che otterranno i finanziamenti del 5 per mille.

 La possibilità facoltativa di destinare in beneficenza cinque millesimi dell’Irpef, introdotta con la Finanziaria 2006, è stata salutata con gioia dalle associazioni di volontariato e di promozione sociale. Il 5 per mille, forse, è un utile strumento di solidarietà che merita di essere sfruttato. Ma il denaro che dovrebbe servire per aiutare “persone svantaggiate, in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari” (come previsto dal decreto sulle Onlus n. 460 del 1997), a volte raggiunge le destinazioni più inaspettate, anche all’insaputa dei contribuenti, e si disperde fra migliaia di bocciofile e associazioni condominiali, organizzazioni senza fini di lucro, associazioni di categoria, sindacati, club, aziende.
Ad esempio, finisce in tasca alla società per azioni Meccano (che vende servizi di consulenza scientifica alle industrie) o alla Società degli ingegneri e degli architetti in Torino (facoltosa ed esclusiva associazione di categoria, specializzata in meeting e convegni), oppure all’Automobile Club Padania, o alla Cassa edile della provincia di Napoli, o alla Federazione nazionale associazioni periti assicurativi.

Chi sceglie di assegnare il 5 per mille, comunque, può indicare con precisione un destinatario. Basta compilare l’apposito foglio nella dichiarazione dei redditi e scrivere il codice fiscale dell’ente che si vuole beneficiare.
Il modulo, però, può anche essere lasciato in bianco, senza precisare una destinazione, mettendo solo una croce e una firma. Moltissimi italiani, probabilmente, non indicheranno preferenze: è più comodo, anche perché le associazioni benefiche sono tante e la scelta non è facile, e i codici fiscali non sempre sono a portata di mano. La valanga di denaro senza precisa destinazione, quindi, andrà a finire in un grande fondo unico: una bella somma, se si considera che il gettito del 5 per mille, nella finanziaria 2006, è stimato 270 milioni di euro. Il fondo sarà ridistribuito fra le 29mila organizzazioni che hanno presentato domanda all’Agenzia delle entrate.

L’elenco è lungo più di 800 pagine. E contiene davvero di tutto: dal Touring Club all’Associazione donne padane, dall’Associazione genitori scuole cattoliche alla Camera civile degli avvocati di Bologna, dalla Federazione italiana motonautica all’Associazione cattolica esercenti cinema, dalla Federazione italiana gioco bridge ai Rotary Club. L’esclusivissimo Lions Club, che vanta quote associative da capogiro, compare ben diciassette volte. Sono numerosi anche i centri sportivi: dai circoli di paese a giganteschi e costosi policentri privati, dalle squadrette di calcio comunali ai club del golf e gli yacht club.
Non si contano, poi, le fondazioni bancarie: gli istituti di credito italiani compaiono quasi tutti. C’è anche la Fondazione Beretta: il ricco gruppo industriale, infatti, oltre a produrre micidiali fucili da combattimento, finanzia la ricerca contro le neoplasie maligne.
Chiaramente, alcune delle organizzazioni che abbiamo rapidamente elencato non dovrebbero trovarsi in una lista di Onlus. Altre, magari, hanno tutte le carte in regola, ma nel chiedere un contributo pubblico dimostrano, se non altro, scarso senso del pudore. Altre ancora, per quanto incredibile possa sembrare, si sono iscritte per errore, o per leggerezza. E’ quanto ripete Valeriano Canepari, presidente del Centro autorizzato di assistenza fiscale Cisl di Roma, che compare, a sorpresa, nella lista: “Io non so chi abbia fatto la domanda! Fra le associazioni il Caaf non ci può stare. Non abbiamo nessuna delle caratteristiche” dice, e aggiunge: “Una cosa del genere potrebbe sembrare molto ambigua perché, fra i nostri compiti, c’è proprio quello di presentare le domande per conto delle associazioni. Perciò il nostro nome deve sparire dall’elenco: chiederemo di toglierlo all’Agenzia delle entrate”.
E’ giusto evitare, in ogni caso, che migliaia di organizzazioni di furbi, spudorati o distratti ricevano in premio decine di migliaia di euro. In media ogni associazione dovrebbe ottenere circa 17mila euro (alcuni raccoglieranno di meno, altri molto di più: analizzeremo più avanti, in queste pagine, i criteri per la ridistribuzione dei finanziamenti). Il consiglio, quindi, è semplice: quando compilate i moduli della dichiarazione dei redditi, se intendente devolvere il 5 per mille, scrivete il codice fiscale dell’associazione che ritenete giusto premiare. Altrimenti il vostro denaro pioverà dappertutto. Anche nelle tasche di chi non lo merita.

L'ELENCO NEL DETTAGLIO 
E in campagna elettorale il numero è lievitato
Lasciate che le associazioni vengano a me: il governo, con il nuovo 5 per mille, ha spalancato le porte alle società senza fini di lucro, di qualsiasi tipo, senza filtri o controlli. Anche le minuscole associazioni di condominio, quindi, hanno ottenuto la speranza di ricevere qualche briciola. Non dovrebbero essere ammessi alla lista “gli enti pubblici, le società commerciali diverse da quelle cooperative, i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria” (così il decreto n. 460 del ’97). Ma dall’Agenzia delle entrate ci spiegano che i requisiti delle organizzazioni non sono stati valutati da nessuno. L’iscrizione è quasi automatica: per entrare nel lungo elenco del 5 per mille basta fare domanda e presentare un’autocertificazione (entro il 31 giugno). Da fonti molto bene informate apprendiamo che la lista si è allungata in maniera esponenziale con l’approssimarsi delle elezioni (le iscrizioni sono state chiuse a febbraio). Vediamo nel dettaglio alcuni dei nomi.

Abbiamo notato una presenza massiccia di organizzazioni vicine alla Lega Nord, come la Guardia nazionale padana, l’Associazione donne padane, le Donn i Milan (donne di Milano), l’Associazione insieme nel futuro, l’Associazione Padas, l’Umanitaria padana e l’Automobile club Padania. Chiediamo ad Alfredo Pollini, ex contrammiraglio della San Marco e attuale presidente della Guardia nazionale padana, oltre che consigliere leghista del Comune di Torino (il vicepresidente della Gdp è Giacomo Chiappori, deputato della Lega), come mai la sua organizzazione chiede il libero contributo degli italiani: “Siamo un’associazione con 900 iscritti, senza contare i membri siciliani” dice Pollini. “Non abbiamo fini di lucro – continua l’ex contrammiraglio - e siamo regolarmente iscritti negli elenchi della Regione Lombardia. Svolgiamo compiti di protezione civile e offriamo aiuti alla popolazione, soprattutto agli anziani. Quando c’è stato il terremoto siamo andati fino in Molise. Abbiamo aperto una sede giù a Messina e abbiamo mandato aiuti economici anche al Sudan. La nostra filosofia è questa: noi aiutiamo anche le altre popolazioni, basta che restino a casa loro” continua Pollini, e aggiunge: “Il lavoro più grande e importante svolto dalla nostra associazione, comunque, è quello di protezione del territorio. In passato, pattugliavamo i confini con la Slovenia. Ora il confine non c’è più, perciò abbiamo smesso. E poi combattiamo la prostituzione”. Ma quali sono i rapporti fra Lega Nord e Guardia padana? “Molti di noi sono iscritti al partito”, risponde Pollini, sottolineando però che “l’associazione è completamente autonoma”. Nella terra dei Celti anche l’Automobile Club Padania (i soci hanno una rubrica tutta loro su Radio Padania), in un certo senso, svolge un servizio di utilità sociale: sul sito è pubblicato l’elenco completo e aggiornato, con tanto di mappe dettagliate, di tutti gli autovelox e dei “sorpassometri”.

Passiamo alle associazioni di categoria: Angelo di Leva, segretario generale dell’Associazione dei ragionieri commercialisti della Lombardia, è molto sorpreso di trovare l’Arcol nell’elenco. “Io non ho fatto nessuna richiesta in questo senso: non credo che si possa fare!”, dice, e spiega: “L’iscrizione può essere stata presentata soltanto dal presidente dell’associazione, Ezio Maria Reggiani, che presiede anche a livello nazionale. Adesso, però, non è in ufficio: è impegnato nella campagna elettorale, con l’Udeur, come capolista al Senato per la Lombardia”.
Invece il presidente di Federperiti (Federazione italiana tra le associazioni periti assicurativi), Filippo Zaffarana, sostiene che la sua organizzazione ha tutto il diritto di ricevere il 5 per mille, anche se è “un’associazione di categoria che tutela gli interessi degli iscritti”. Difende la stessa posizione Giampiero Barile, presidente della neonata Camera civile di Bologna (che riunisce alcuni avvocati civilisti): “E’ vero, non svolgiamo alcun tipo di beneficenza. Ma potremmo sempre farla” dice.
Anche l’Associazione cattolica esercenti cinematografici riceverà il 5 per mille: sostengono di averne diritto, perché anche loro svolgono “un servizio di utilità sociale”. Fra i principali scopi dell’organizzazione (che raccoglie le quote degli associati proprietari di cinesale, in proporzione al prezzo dei biglietti), c’è quello di adeguare la programmazione dei cinema agli indirizzi pastorali dell’Episcopato italiano.
E l’associazione culturale della consulta comunale di Appiano sulla Strada? Oppure l’Associazione polo, golf, yacht e car-squadrons? O l’Associazione salvaguardia delle antiche origini di Grugliasco, in provincia di Torino? Non abbiamo potuto sentirli tutti. Ma siamo certi che ciascuno, a modo suo, svolge un servizio “socialmente utile”, anche solo per i propri associati. E ognuno, chi più chi meno, avrà la sua fettina della torta.

Un metodo iniquo
E’ bene ricordare che il 5 per mille non comporta una spesa in più. Firmando il modulo, semplicemente, si cambia la destinazione di cinque millesimi dell’imposta sul reddito: invece di darli, genericamente, allo Stato, possono essere inviati direttamente a un’associazione Onlus, alla ricerca scientifica o alle università, alla ricerca sanitaria oppure al comune di residenza. Riempire il modulo è semplice: si trova nei modelli del 730, del CUD, o nel Modello Unico. Lo spazio da compilare somiglia molto a quello dell’8 per mille. Ci sono quattro spazi bianchi (uno per ogni categoria): con una firma, si sceglie la categoria a cui destinare cinque millesimi dell’imposta. Chi vuole beneficiare un’associazione o un istituto in particolare, deve scrivere il codice fiscale.
In tutto gli enti ammessi a proporsi come destinatari del 5 per mille sono 37.368. Di questi, 29mila sono riuniti nell’elenco Onlus. Gli altri sono stati proposti direttamente dai ministeri della Salute, dell’Istruzione e del Lavoro.
Molti italiani offriranno il 5 per mille senza specificare un destinatario. La somma dei contributi “senza destinazione” sarà ripartita fra le Onlus, gli istituti di ricerca o le università. Ma non in parti uguali. Infatti la ripartizione è proporzionale al numero di versamenti diretti a favore di ciascun ente. Facciamo un esempio, usando nomi inventati: se l’associazione Famosa è stata scelta, con un’indicazione precisa, da 10.000 contribuenti, e l’associazione Sconosciuta soltanto da 1.000, al momento della ripartizione del fondo unico per le Onlus viene mantenuta la stessa proporzione. Perciò l’associazione Famosa incasserà dieci volte di più dell’associazione Sconosciuta. In breve, le associazioni o gli enti che hanno ottenuto il maggior numero di donazioni dirette, riceveranno una fetta più grande dei contributi di chi non ha espresso preferenze particolari. Questo significa che le piccole associazioni locali, anche meritorie, riceveranno assai meno della Guardia nazionale padana o dei Lions Club, perché sono conosciute da un minor numero di persone (il quotidiano della Lega La Padania, proprio in questi giorni, consigliava di versare la quota alla Guardia Padana). Lo stesso vale per i Comuni: quelli con più abitanti (può essere indicato solo il Comune di residenza) riceveranno più soldi. Anche se il fondo per le politiche sociali destinato ai Comuni, nell’ultima Finanziaria, è stato ridotto per tutti allo stesso modo: 500 milioni di euro in meno.