28 agosto 2008

Treni in crisi, la cura del silenzio

(Il Salvagente)
 
di Francesco Martini

“Quelle, secondo me, non sono neanche zecche”. L’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, è un abile comunicatore: pochi, al suo posto, si troverebbero a loro agio commentando carrozze infestate dai parassiti, locomotive che si smontano per strada e continui malfunzionamenti, mentre un fiume di denaro pubblico continua a passare dalle tasche dei contribuenti alle casse delle Ferrovie. Nelle interviste l’amministratore minimizza, si avventura in arditi paragoni con il resto d’Europa e sostiene la necessità di smantellare parte del servizio ferroviario. Nel frattempo l’azienda punisce duramente, anche con il licenziamento, il personale che offre interviste alla stampa, con l'accusa di "gettare discredito sulla dirigenza". E' successo, ad esempio, quando alcuni ferrovieri hanno dato la loro versione sull'episodio, recente, dei due Eurostar che hanno perso alcune carrozze durante la marcia.

In questa atmosfera si prepara il confronto con i sindacati. Moretti è stato chiaro: per sopravvivere, le Ferrovie hanno bisogno di interventi decisi. Non sarebbe la prima volta. I tagli al personale hanno portato il numero dei dipendenti da circa 200mila agli attuali 87mila. Nel frattempo, piccole stazioni e treni a lunga percorrenza (quelli più lenti e dispendiosi) continuano a essere soppressi e il prezzo dei biglietti non ha mai smesso di aumentare (a giugno, del 6,5%) e salirà ancora parecchio, come previsto nel Piano Industriale 2007-2011. Un documento corposo che si riassume in breve: le Ferrovie chiedono allo Stato 7,5 miliardi di euro e programmano rincari del 35% spalmati nell’arco di cinque anni. In più, l’amministratore vorrebbe fare marcia indietro sul contratto unico di settore e su alcune vecchie conquiste dei sindacati, come quella del doppio macchinista. Con due persone nella cabina di guida si dovebbero limitare gli errori, ma secondo Moretti le nuove tecnologie a disposizione delle Fs rendono inutile questa precauzione (opinione condivisibile, in effetti, almeno per quanto riguarda le linee dotate di moderni sistemi di sicurezza).
A questo punto, in circostanze normali, i sindacati dovrebbero trovarsi sul piede di guerra. Invece nelle segreterie la parola d’ordine è un’altra: calma e sangue freddo. Certo, dopo il licenziamento di alcuni dipendenti accusati di essere “fannulloni” è stata ventilata la possibilità di entrare in sciopero, probabilmente nella prima settimana di settembre. Ma chi si è trovato a parlare, in questi giorni, con i responsabili dei trasporti di Cgil e Cisl, è rimasto colpito dalla debolezza delle reazioni. Tanto che l’amministratore delle Ferrovie, che in passato è stato dirigente del dipartimento trasporti della Cgil (anche se nelle interviste non ama ricordarlo) si è tolto lo sfizio di farlo notare ai giornalisti: i comunicati contro i licenziamenti sono firmati solo dai rappresentanti locali, e non dai segretari nazionali. Solo in seguito, in clamoroso ritardo, il segretario della Cgil Guglielmo Epifani ha usato parole dure nei confronti di Fs. Ma il sindacato resta prudente: “La possibilità del macchinista unico può essere presa in considerazione”, spiega Franco Nasso, segretario nazionale della federazione trasporti della Cgil. Ma come, a cosa è dovuto questo repentino cambio di opinione? Non era una conquista irrinunciabile dei macchinisti? “Per favore, evitiamo questo termine”. Che termine? “Conquista”.
A quanto pare, l’allarme lanciato da Moretti è stato raccolto: sulla nave che affonda, pochi hanno voglia di remare contro.

Fra le Ferrovie e i sindacati, però, c’è un terzo incomodo: i viaggiatori. Perchè in cambio di soldi pubblici e aumenti dei prezzi, invece di un servizio decente, si producono sofismi. Gli Eurostar perdono le carrozze “ma i ferrovieri - dice l’amministratore - conoscono il problema da più di un secolo”. I biglietti aumentano “ma siamo sotto la media europea”. I bagni sono sporchi “ma in Francia, sui treni, non ci sono neanche i bagni”. A registratori spenti gli argomenti di Moretti sono anche più incisivi. Come quando un giovane giornalista, con ironia, gli chiese: “Se lei sopprime le piccole stazioni, come fa mia nonna a venirmi a trovare?”. Risposta: “Che me ne importa di tua nonna? Io dirigo le Ferrovie, non devo mica pensare a tua nonna”.
E così via, fino alle zecche che “non sono neanche zecche”. In particolare Moretti ha espresso i suoi dubbi sui parassiti trovati il 17 agosto sull’Eurostar Torino-Napoli. Solo tre giorni più tardi, però, gli insetti sono comparsi anche su un altro treno, che andava da Empoli a Siena. Sui giornali locali leggiamo la testimonianza di un pendolare: “Circa mezzo centimetro, otto zampe, forma vagamente ellittica, disegni geometrici sul dorso”. Nessun dubbio, signor Moretti: quella è un'autentica zecca.