15 novembre 2007

Un pozzo senza fondo negli aeroporti

(Il Salvagente)
 
di Francesco Martini
 
Fra torri di controllo, hangar, piste d’atterraggio e zone d’imbarco, c’è un pozzo senza fondo. Chi parte da Linate, Malpensa, Fiumicino o Ciampino per le prossime vacanze di Natale, avrà modo di verificarlo: in ogni aeroporto c’è un baratro dove sparisce un fiume di denaro. Una bella fetta del prezzo dei biglietti aerei, infatti, serve ad alimentare i cosiddetti “oneri aeroportuali”. Ma a cosa dovrebbero servire, e come vengano calcolati questi “oneri”? Per ora, non si sa.

 E' un mistero per i passeggeri, che sono costretti a versare un contributo altissimo ogni volta che prendono l’aereo, anche se i servizi in aeroporto, fra code, ritardi e bagagli persi e rubati, fanno acqua da tutte le parti, e non è chiaro neanche al Garante della concorrenza e del mercato, che continua a indagare, ormai da un anno, sui “corrispettivi determinati unilateralmente, in modo né trasparente né verificabile” dalle società Aeroporti di Roma e Sea, che hanno ottenuto la concessione, in esclusiva e fino al 2044, degli scali di Roma e di Milano.
Nell’ultimo decennio il settore aereo ha conosciuto alti e bassi: la compagnia di bandiera è in agonia, altre sono fallite, molte si fanno la guerra. Ma i bilanci di Aeroporti di Roma e Sea non sono cambiati mai: sempre in crescita, con profitti impressionanti. Nel 2006 il margine operativo lordo di Sea era di 162,5 milioni di euro. Quello di Aeroporti di Roma, 256,6 milioni di euro.

In questi giorni però, attorno agli oneri aeroportuali, si giocano le ultime mani di una partita miliardaria fra gestori degli scali, compagnie aeree e consumatori. Tutti fanno pressioni sull’Enac, l’organismo di controllo dei voli civili, che entro il 20 novembre dovrà stabilire le “linee guida” per la “regolazione tariffaria dei servizi aeroportuali in regime di esclusiva”. Ma sulla bozza del documento c’è già polemica.
Non è ancora chiaro, infatti, se le “linee guida” serviranno davvero a vincolare gli oneri aeroportuali alla qualità del servizio (non è chiaro, insomma, se le società dovranno intascare meno soldi, o almeno giustificare l'esborso). In ogni caso è la prima volta, dopo anni di autarchia degli aeroporti, che le tariffe vengono sottoposte a uno schema di regole.
Nel frattempo i viaggiatori continuano a volare a prezzi gonfiati. Infatti, finché le “linee guida” non passano al vaglio dei ministeri dei Trasporti e dell’Economia, si continua a pagare il dazio immotivato.
Quando si acquista un biglietto almeno 13 euro, in media, finiscono nelle casse dell’aeroporto (la cifra cresce per gli scali più grandi). Il passeggero deve pagare circa 8,50 euro fra “tariffe di imbarco” e “tasse di controllo sui bagagli a mano e da stiva”. Ma non basta: a loro volta, le compagnie aeree versano in media 4,70 euro a passeggero per “diritti di approdo e decollo” e “costi per l’utilizzo delle infrastrutture”. Anche questo "prelievo", comunque, alla fine della fiera pesa sui viaggiatori, perché incide direttamente sul prezzo finale dei biglietti. Le offerte stracciate dei voli low-cost non devono confondere: gli oneri dei vettori aerei, in un modo o nell’altro, pesano sempre sui viaggiatori (ad esempio sul prezzo degli ultimi posti venduti, o sui biglietti di altri voli).
“Buona parte dei corrispettivi aeroportuali, anche a carico delle compagnie aeree, sono pagati dai clienti finali”, conferma Alessio Quaranta, vicedirettore del centro di Regolazione economica dell’Enac. “Perciò – continua Quaranta – abbiamo invitato alle nostre audizioni, per la stesura delle linee guida, una rappresentanza del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti”.

Gli interessi dei passeggeri stavolta sembrano coincidere con quelli delle compagnie aeree: gli oneri “gonfiati” degli aeroporti sono un problema per entrambi. Anche perché le tariffe non hanno mai smesso di crescere.
Tanto che Enac, il due ottobre scorso, dopo un anno di istruttoria, ha spedito una letteraccia a Sea, la società che gestisce Linate e Malpensa. Nel documento riservato, in un linguaggio da addetti ai lavori, si legge un ordine perentorio: tagliate subito le tariffe fra il 20 e il 40 per cento.
La società di Milano non ha obbedito: “Abbiamo impugnato la lettera al Tar” commenta un portavoce di Sea, spiegando che “nell’istruttoria dell’Enac sono stati presi in considerazione solo parte dei corrispettivi soggetti a regolamentazione, senza tenere conto di altre voci, più basse della media”.
Ma le compagnie aeree non la pensano allo stesso modo: da gennaio, per protesta, rifiutano di corrispondere il 35 per cento degli oneri relativi a Linate e Malpensa.
“E’ difficile prevedere se al taglio degli oneri aeroportuali corrisponderà un calo dei prezzi dei biglietti”, commenta Quaranta dell’Enac, che spiega: “Per il momento, la decisione delle compagnie di non versare il 35 per cento agli aeroporti milanesi non può avere un effetto immediato sui prezzi, perché le risorse risparmiate vengono accantonate, in attesa di conoscere gli sviluppi legali della vicenda”. Aspettando una sentenza, insomma, gli unici che continuano a pagare sono i viaggiatori. Tanto per cambiare.

CORRISPETTIVI AEROPORTUALI REGOLATI” 
Si chiamano “corrispettivi regolati”, ma sono, di fatto, sregolatissimi. In teoria, dovrebbero essere determinati dalle delibere Cipe del 2000 e del 2007 e dalla legge 248 del 2005. In pratica, Enac non ha mai predisposto le linee guida per i contratti di programma, perciò i corrispettivi - come rilevato dall’Antitrust - sono determinati “unilateralmente” e in modo “non trasparente” dalle maggiori società aeroportuali.
Giustificazione
Costo per posto aereo (euro)
Chi paga
Tariffe imbarco
5,67 – Malpensa
5,06 – Fiumicino
Il passeggero
Tassa controllo bagagli a mano
1,81 – Malpensa
1,81 – Fiumicino
Il passeggero
Tassa controllo bagagli da stiva
2,07 - Malpensa
2,05 – Fiumicino
Il passeggero
Diritti approdo e decollo
2,04 – Media aeroporti italiani
La compagnia aerea
Utilizzo infrastrutture
2,72 – Media aeroporti italiani
La compagnia aerea

Fonte: Autorità garante per la concorrenza e il mercato, AdR, Sea

E le infrastrutture si pagano due volte
Una cifra da cinque a dieci volte più alta degli altri paesi europei. E’ quanto chiedono i grandi aeroporti italiani alle compagnie per il diritto di “utilizzo delle infrastrutture centralizzate”. Le società aeroportuali si giustificano sostenendo che gli altri “dazi” (approdo, decollo, controllo bagagli) sono in media più bassi dei grandi scali europei.
In effetti quello di spremere a fondo passeggeri e compagnie è un vizio piuttosto diffuso, tanto che la Commissione europea ha presentato al Parlamento una proposta di direttiva “concernente i diritti aeroportuali” per garantire tariffe più eque e trasparenti.
I diritti di “utilizzo delle infrastrutture” decuplicati però sono una trovata tutta italiana. Le infrastrutture in questione sono i banchi di accettazione, gli uffici, i magazzini e le officine, le aree scoperte, i pontili d’imbarco e il sistema di smistamento bagagli, la rete di collegamenti informatici e gli strumenti di “informativa” al pubblico e agli operatori. Insomma, l’intero aeroporto. Le società di gestione pretendono dalle compagnie un corrispettivo per lo svolgimento dei servizi, ma non solo: chiedono di essere remunerate per il solo fatto che le infrastrutture esistono. In questo modo, recuperano il capitale investito.
E’ bene non dimenticare che gli oneri delle compagnie ricadono quasi automaticamente sul prezzo dei biglietti. Mentre si aggirano per l’aeroporto in cerca del loro volo i viaggiatori, con una fettina del loro biglietto, stanno pagando ogni metro quadrato del percorso. Anzi, lo pagano due volte, perché buona parte delle infrastrutture aeroportuali sono state costruite, almeno in parte, con soldi pubblici. Così i cittadini fanno il bis: prima pagano con le tasse e poi con i biglietti aerei.
Il caso non è raro: tanto per fare un esempio, la settimana scorsa Enac ha annunciato che finanzierà i lavori del prolungamento della pista dell’aeroporto Marconi di Bologna, già eseguiti nel 2004, “corrispondendo alla società Sab, in unica soluzione ed entro trenta giorni, l’importo di 22 milioni e 155mila euro a titolo di copertura parziale”.
Ovviamente gli strani meccanismi contabili degli aeroporti non piacciono alle compagnie aeree. Il 7 novembre il portavoce di Star Alliance (l’associazione delle 17 maggiori compagnie del mondo, da Lufthansa a US Airways) ha dichiarato, senza mezzi termini, che “Sea deve ridurre i costi aeroportuali” e “potenziare l’infrastruttura”, altrimenti andranno a monte i “progetti di consolidamento a Malpensa”. Anche l’associazione delle compagnie italiane, Assaereo, è sul piede di guerra. “Bisogna riequilibrare molte asimmetrie” dice un dirigente, e spiega: “Enac sta preparando le linee guida per i contratti di programma degli aeroporti. Abbiamo visto la bozza ma non ci sembra che tutte le questioni siano risolte. E’ importante, ad esempio, intervenire sugli oneri per le infrastrutture finanziati con soldi pubblici”.
Oltretutto gran parte degli oneri aeroportuali, a ben guardare, sono il sostitutivo di un prelievo fisale. Quei soldi, inizialmente, dovevano essere corrisposti allo Stato e rientrare nei capitoli di bilancio dedicati al trasporto aereo. E’ stato deciso di accorciare il percorso e lasciarli direttamente agli aeroporti, ma a una condizione: che siano utilizzati per investire nel miglioramento del servizio. Invece - spiegano dalle associazioni consumtori - la contabilità delle società aeroportuali non è trasparente e non permette di stabilire con vengono impiegate quelle risorse.
Chiediamo all'Enac se è lecito rimborsare due volte gli stessi investimenti: “Nelle linee guida ci limitiamo a tradurre in termini applicativi le delibere del Cipe” commenta dagli uffici dell’Enac il vicedirettore della Regolazione economica Alessio Quaranta, che però affronta la questione: “La nostra interpretazione è che le opere finanziate con soldi pubblici non possano essere ripagate con gli oneri aeroportuali. Nel caso di investimenti congiunti pubblici e privati, ai fini della determinazione dei contributi, si potrebbe indicare la quota privatizzata”. Se lo Stato contribuisce per il 50 per cento a un’opera, quindi, la società Aeroportuale potrà chiedere solo un “risarcimento” dimezzato.
“Lo scorso 5 novembre – conclude Quaranta - abbiamo chiuso le audizioni con gli operatori interessati. Abbiamo ancora pochi giorni per predisporre il testo finale delle linee guida da sottoporre ai ministeri. I contratti di programma, con le nuove regole per gli aeroporti, dovrebbero essere pronti per il 2008”.