1 novembre 2007

Fisco, bloccati pagamenti delle amministrazioni: "prima paga, poi ti difendi"

(Il Salvagente)

di Francesco Martini

Prima paga, poi ti difendi. E’ uno strano principio quello introdotto dal ministero dell’Economia nei confronti delle aziende che hanno un contenzioso con il Fisco. In attesa di accertamenti o della sentenza di un giudice, lo Stato blocca il denaro. Così i debiti con l’erario, anche presunti, si pagano subito. Se poi c’è un errore, e se per questo le aziende falliscono, si vedrà.

 La legge, promulgata a novembre del 2006, è stata “congelata” precipitosamente nei giorni scorsi, perché le conseguenze si annunciavano disastrose. Il comma 9 dell’articolo 2, in poche righe, introduce una novità pericolosissima per chiunque lavori con le amministrazioni pubbliche. Chi riceve una cartella esattoriale - dice la norma - non può essere pagato per i servizi resi, ad esempio, a Comuni, Regioni, Asl, ma anche alle aziende controllate dallo Stato, come le Ferrovie, la Rai o l’Eni.
La trappola scatta per chi evade più di 10mila euro, bloccando tutti i pagamenti superiori alla stessa cifra.
In mancanza di un regolamento di attuazione la legge, già discutibile, è stata applicata nel modo più selvaggio.
Per un piccolo sospeso con il Fisco (multe e sanzioni comprese) sono stati bloccati pagamenti molto più pesanti. Senza tenere conto che la cartella esattoriale non è una bolla papale e non è sinonimo di evasione. Può essere contestata, sospesa, annullata, rateizzata, oppure notificata per errore (in questi giorni, a Roma, il Messaggero denuncia l’ennesimo scandalo “cartelle pazze”). Per non parlare della burocrazia fiscale, che può essere lenta e ottusa. Succede, così, che debiti rapidamente onorati risultino ancora in sospeso perché le banche dati non vengono aggiornate con la stessa solerzia.
Insomma, gli esempi e le sfumature non mancano.
Perciò la legge, nel secondo capoverso del comma 9, prevede la stesura di un regolamento per definire meglio le “zone grigie” del provvedimento. E il Consiglio di Stato ha imposto al ministero dell’Economia di chiedere il parere del Garante della privacy, visto che sono in gioco i dati sensibili dei contribuenti. Il Garante non si è ancora pronunciato, il regolamento non è mai stato scritto, eppure il 6 agosto la Ragioneria di Stato ha preso una decisione sbalorditiva: la legge si applica subito, così com’è. Anzi: chi la ignora sarà deferito alla magistratura tributaria.
Ed è scoppiato il panico.
Da un giorno all’altro, invece dei pagamenti, i creditori delle amministrazioni pubbliche hanno ricevuto strani moduli con due caselline da sbarrare e una domanda lapidaria: sei un evasore? Risposte possibili: sì o no.
Un bel problema per tante piccole aziende, che magari hanno impugnato una cartella del Fisco e dall’oggi al domani hanno rischiato di finire gambe all’aria. Chi lavora con le pubbliche amministrazioni si è visto bloccare tutti i compensi contemporaneamente.
Non tutti, però, hanno accettato supinamente le nuove regole, anche fra le amministrazioni pubbliche. L’Associazione dei Comuni dell’Emilia-Romagna, ad esempio, ha invitato le amministrazioni locali a ignorare la legge, ritenuta inapplicabile.
Di tanto clamore qualcosa è arrivato all’orecchio del ministero dell’Economia. Che in tutta fretta ha disinnescato la reazione a catena con l’articolo 19 del decreto 159 del primo ottobre scorso. Per cominciare, le “società a prevalente partecipazione pubblica” (come Eni, o le Ferrovie) hanno perso il diritto di bloccare i pagamenti. La regola, oltretutto, potrebbe essere applicata solo per gli evasori più accaniti, che ricevono cartelle esattoriali superiori a 20mila euro (la cifra esatta, però, dovrà essere stabilita con successivo decreto). Ma oltre a innestare la retromarcia, il Governo ha voluto bacchettare la Ragioneria di Stato (in realtà, è una sonora legnata), corresponsabile del pastrocchio. Ricordando che la norma si può applicare solo “a decorrere dalla entrata in vigore del regolamento di attuazione”. Con ogni probabilità, non prima del 2008. Speriamo che allora, tenendo conto dei danni già fatti, il ministero si impegni a risolvere tante contraddizioni.


RIMBORSI IRPEF: I RITARDI



Ritardo
Segnalazioni
Da 1 a 3 anni
8% delle lamentele
Da 4 a 5 anni
30% delle lamentele
Da 6 a 10 anni
38% delle lamentele
Da 10 a 15 anni
24% delle lamentele

Fonte: Cittadinanzattiva

“Con questa norma, senza il regolamento di attuazione, è stato introdotto un principio che nel nostro ordinamento è stato abbandonato da decenni: si chiama solve et repete. Prima si paga, poi ci si oppone”. Francesco Tundo, professore di Diritto tributario all’Università di Bologna e collaboratore dell’Espresso, in questi mesi ha avuto molto da lavorare, prestando consulenza alle aziende colpite dalla paralisi dei dei pagamenti pubblici. “Molte avrebbero rischiato di fallire se le circolari della Ragioneria di Stato fossero state applicate fino in fondo e se il governo non fosse intervenuto con il decreto del primo ottobre”.
Cosa ne pensa della legge?
Il principio è sacrosanto: se un soggetto è debitore del fisco, e ha un pregresso di debiti non pagati, è debitore nei confronti dello Stato. Ma bisogna fare attenzione: una cartella esattoriale può arrivare anche a chi non è evasore.
Qualcosa, infatti, è andato storto…
Una cosa pazzesca. Se una norma prevede un regolamento di attuazione, ma il regolamento non c’è, allora non si applica. Invece ad agosto la Ragioneria di Stato ha deciso di forzare le tappe. Per intenderci: quando tutti i commercialisti erano sulle spiagge…
Un'accelerazione. Per quale motivo?
Difficile dirlo. Di sicuro è contrario alle regole fondamentali contenute nello Statuto dei diritti dei contribuenti: prima dell’entrata in vigore, ad esempio, dovrebbero passare 60 giorni.
Sono colpite solo le aziende?
No, tutti coloro che lavorano per le amministrazioni pubbliche, tranne chiaramente i dipendenti. Chiunque può subire il blocco dei pagamenti.
Ma i pagamenti vengono pignorati o solo sospesi?
Sospesi, con l’obbligo di informare il Fisco. Che in un secondo momento può procedere al pignoramento.
Perché è necessario il regolamento d’attuazione?
Ci sono parecchi punti da definire. Uno fra tutti: se io lavoro per numerose amministrazioni pubbliche, e tutte fermano i pagamenti, allora un piccolo debito con il Fisco, anche solo presunto, può mandarmi in fallimento. Serve anche un’accorta disciplina dei profili legati alla privacy, perché con questo sistema circolano moltissime informazioni riservate.
Lei svolge anche attività di consulenza. Come hanno reagito le aziende?
E’ scoppiato il panico. Alcune grandi aziende pubbliche hanno dovuto istituire degli uffici appositi, solo per applicare la legge. Spero che situazioni del genere non debbano ripetersi.