14 giugno 2007

Ma il Pra è intoccabile per i furbetti della Camera

(Il Salvagente)

di Francesco Martini

L'ultimo capitolo delle liberalizzazioni avanza, ma perde pezzi. Nel lungo e accidentato percorso per diventare legge non è crollato solo l'intonaco, ma anche qualche pilastro.
Alcuni provvedimenti fondamentali, come quelli sulle pompe di benzina o sulla telefonia, hanno superato indenni il passaggio alla Camera. Ma il 7 giugno è stato ritirato l'emendamento del relatore Andrea Lulli (Ds) all'articolo 32, che avrebbe consentito agli avvocati e ai funzionari comunali di autenticare, anche gratuitamente, i trasferimenti di proprietà, aggirando le pesantissime tariffe dei notai. Che fin dall'inizio hanno manifestato il loro sdegno, fino a trovare l'appoggio del ministro della Giustizia, Clemente Mastella, che li ha portati a vincere la partita.

Eppure l'emendamento Lulli avrebbe restituito un po' di ossigeno a chi deve vendere o comprare un'abitazione per un valore catastale inferiore a l00mila euro, evitando i l passaggio obbligato dal notaio. Sarebbe stato un bel toccasana, visto che gli italiani già pagano i mutui più alti d'Europa e la Banca centrale ha appena rivisto i tassi al rialzo. Per quale motivo la norma è stata ritirata senza tentare una mediazione?
"In realtà - risponde Lulli - ero pronto a presentare un altro emendamento, tenendo conto delle critiche sollevate dai notai. Ma di fronte al parere nettamente contrario del ministro Mastella abbiamo preferito agire diversamente. La battaglia, comunque, andrà avanti nei prossimi mesi: vedremo cosa riusciremo a fare. Il Consiglio nazionale del notariato - aggiunge il parlamentare Ds - ha dimostrato qualche apertura. Ci incontreremo nei prossimi giorni per discutere insieme le regole della professione".

Il registro è indenne
Stralciato anche l'articolo 36, che avrebbe abolito il Pra, il Pubblico registro automobilistico gestito dall'Aci. La sua eliminazione serviva a dimezzare la spesa pubblica per le immatricolazioni dei veicoli, sfoltendo la burocrazia a carico dei cittadini (le auto, infatti, sono già registrate negli archivi della Motorizzazione civile). I sindacati però hanno temuto un'ondata di licenziamenti, e l'Aci è una roccaforte potente. Perciò, buona parte del Parlamento si è schierata in sua difesa, compresi i deputati della Margherita, di Rifondazione e dei Comunisti italiani.
Altro no sulle commissioni di massimo scoperto, applicate dalle banche sui conti correnti in rosso.
Dovevano essere eliminate. Ma grazie all'intervento dell'Abi, invece delle commissioni, sono scomparse le righe più incisive del provvedimento.
Non ha resistito neppure l'articolo che avrebbe consentito agli automobilisti di scegliere liberamente i pezzi di ricambio per i loro veicoli, senza sottostare al nullaosta delle case produttrici.
Alcune misure importanti, comunque, hanno superato lo sbarramento della Camera e continuano la loro marcia, come il provvedimento per abbattere i prezzi del carburante, favorendo la concorrenza fra distributori e mettendo un freno alle accise sul petrolio. I benzinai legati ai grandi marchi hanno scioperato due giorni ma non sono riusciti a modificare l'articolo uno del disegno di legge, che abolisce la distanza minima fra stazioni di servizio. I gestori delle pompe, però, sono schierati anche su un altro fronte: cercano accordi con le Regioni e hanno già ottenuto appoggi in Sicilia e in Toscana, dove potrebbero nascere nuovi limiti alla concorrenza.
Sul fronte della telefonia, poi, sono stati aboliti definitivamente i servizi non richiesti per i cellulari e le segreterie telefoniche a pagamento. Chi comporrà un numero di telefono, quando sarà varato il provvedimento in maniera definitiva, avrà diritto a conoscere in tempo reale il nome della compagnia che gestisce la linea.
Hanno resistito alle pressioni delle lobby anche le disposizioni sul “trasporto innovativo”, che permettono ai Comuni di assegnare licenze simili a quelle dei taxi ma destinate a scopi limitati, come il trasporto collettivo o l'accompagnamento di anziani, bambini o portatori di handicap.
Ed è rimasto in piedi l'emendamento che prevede la vendita nei supermercati dei farmaci con obbligo di ricetta. In realtà la potente lobby dei farmacisti, abituata a reagire con forza in difesa delle proprie rendite, sembra essere stata presa in contropiede. Federfarma, comunque, ha ancora tempo per pianificare le sue mosse in Senato, vista anche la solidarietà ottenuta dal ministro della Salute, Livia Turco. E al Senato, visti i numeri, la battaglia si annuncia ancora più dura.



AFFONDATO L'EMENDAMENTO SULLA VENDITA DEGLI APPARTAMENTI
E la lobby dei notai stavolta batte quella degli avvocati

Non capita ogni giorno di comprare o vendere un'abitazione. Perciò non tutti sanno quanto bisogna spendere, nello studio del notaio, per l'acquisto di una prima casa del valore catastale di 100mila euro (bisogna tenere conto, per orientarsi, che il valore catastale è sempre più basso del valore di mercato dell'appartamento).
Chiediamo direttamente a un notaio. Risposta: circa 4.800 euro.
Tanto? "Non ha senso dire se è tanto o poco", commenta Giulia Clarizio, consigliere nazionale del Consiglio nazionale del notariato, e spiega: "Tutti sanno ragionare sul costo del giornale o del pane. Non tutti però comprendono a fondo l'importanza del servizio reso dal notaio. Perciò, prima di sostenere che il prezzo è eccessivo, occorre ragionare con attenzione".
Per aiutarla a ragionare abbiamo ricordato alla signora Clarizio che il reddito medio dei quasi 5mila notai italiani è di 420mila euro lordi all'anno (come risulta dagli ultimi studi di settore ufficiali, del 2005). E il 46 per cento degli atti riguarda i trasferimenti di proprietà.

PROFILO DORATO
L'Agenzia delle Entrate dipinge un profilo dorato: in media i notai lavorano in studi di 170 metri quadri, con almeno 6 computer (anche se l'82 per cento dei professionisti dichiara di avere meno di 5 dipendenti).
“E allora? Se il governo vuole abolire i redditi alti e se i cittadini sono d'accordo, basta fare una legge e stabilire un tetto" commenta piccata la Clarizio.
Chiaramente, i notai hanno la sacrosanta libertà di fare un sacco di soldi. La questione è un'altra: perché i cittadini devono contribuire obbligatoriamente alla loro ricchezza, pagando un servizio carissimo, di cui molti farebbero volentieri a meno? L'emendamento presentato alla Camera tentava di fornire una soluzione. Avrebbe consentito ai funzionari dei Comuni e agli avvocati di autenticare gli atti notarili anche in maniera gratuita.
Sarebbero sopravvissute solo le tasse e le spese strettamente burocratiche: nel caso che abbiamo usato come esempio, circa 3.300 euro. Ma per la consigliera del Notariato l'emendamento avrebbe "portato il caos".
E per "difenderci dal caos", nei giorni scorsi, i notai hanno combattuto una battaglia senza esclusione di colpi.
Il Consiglio nazionale del notariato ha comprato intere pagine sui maggiori quotidiani, firmate dal presidente della categoria, Paolo Piccoli. Che a caratteri cubitali ha chiesto "al presidente della Repubblica e ai presidenti delle Camere" di scongiurare "lo scardinamento del sistema giuridico e della convivenza civile" e si è spinto anche oltre, lanciando un duro attacco contro gli avvocati, definiti "soggetti privi di imparzialità e terzietà".
Secondo Giulia Clarizio "gli avvocati, per definizione, sono di parte. Invece i notai sono pubblici ufficiali, che rendono conto direttamente allo Stato. Abbiamo vincoli molto forti. Dobbiamo essere indipendenti e riscuotere la fiducia della gente".
Trovandoci in tema di "indipendenza" e "fiducia", però, le abbiamo chiesto com'è possibile che due notai su dieci abbiano parenti che fanno lo stesso mestiere.
"È logico che i figli manifestino interessi simili a quelli dei genitori" risponde la Clarizio, e spiega: "Il 20 per cento non è una percentuale molto significativa. Corrisponde più o meno alla percentuale di parenti fra gli imprenditori".
Giusto. C'è un solo problema: le imprese si possono ereditare. Invece, per fare il notaio, bisogna sottostare a un concorso pubblico a numero chiuso, perché i posti a disposizione sono pochissimi.

LA VOCE DEGLI AVVOCATI
Diventare avvocato, invece, è molto più semplice: non a caso, in Italia ce ne sono 200mila. L'emendamento avrebbe consentito alla categoria di autenticare i trasferimenti di proprietà incassando l'onorario (magari più basso) al posto dei notai. Dopo mesi e mesi di malumore e tira e molla sulle liberalizzazioni (Bersani ha abolito le tariffe minime forensi), all'improvviso gli "azzeccagarbugli" si sono trovati d'accordo con il governo. Così, in difesa dell'emendamento, hanno comprato anche loro spazi sui quotidiani: "L'avviso del Consiglio nazionale del notariato – si leggeva - appare criptico, allarmistico e omissivo, nonché oggettivamente lesivo della reputazione e della dignità della categoria forense".
Spiega Paolo Giuggioli, presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano: "Siamo pronti a fare il lavoro di autentica delle firme per i trasferimenti di proprietà. Svolgiamo la stessa operazione in molte altre situazioni. Eppure dai notai ci siamo sentiti chiamare incompetenti e inaffidabili. Anche se il mestiere del notaio, in paesi come gli Stati Uniti o l'Inghilterra, non esiste neppure: è tutto affidato agli avvocati. Che in Germania possono svolgere le stesse mansioni dei notai. Del resto, il notaio non è altro che una derivazione della professione di avvocato. Se non avessero l'esclusiva su alcune operazioni, è pacifico che i prezzi scenderebbero. L'emendamento avrebbe portato una vera liberalizzazione, una volta tanto, a favore della nostra categoria, È stata una sconfitta. Comunque, la situazione dovrà cambiare: non si può andare avanti a lungo in questo modo".