17 maggio 2007

Liberalizzazioni: la grande controffensiva

(Il Salvagente)
  
di Francesco Martini
 
I benzinai fermeranno le pompe dal 6 all’8 giugno. I tassisti fanno di nuovo la voce grossa, sono scesi in piazza e pretendono, tanto per cambiare, un altro incontro con il governo. Gli avvocati stanno costruendo un muro di regolamenti interni, in difesa degli interessi della corporazione. Sono i giorni della controffensiva: le categorie colpite dalla legge Bersani, dopo quasi un anno, tornano a difendere le rendite di posizione. Nella speranza che il governo faccia marcia indietro sulle liberalizzazioni, oppure che tiri il freno sulle leggi che viaggiano in Parlamento.
Quello della “controriforma”, però, non è solo un esercito di privilegiati. Non tutti difendono posizioni protette. Infatti chi custodisce interessi granitici, piuttosto che spostare qualche decimale nei bilanci aziendali, ha preferito rivalersi su altre categorie, dai piccoli commercianti ai consumatori, scaricandogli addosso gli oneri delle liberalizzazioni. Risultato: i “pesci piccoli” sono scesi in piazza. Al posto degli squali.


BENZINAI
E’ il caso dei benzinai e delle compagnie petrolifere. La legge Bersani permette di aprire pompe di benzina davanti ai supermercati e il disegno di legge 2272 (“Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali”, presentato dal ministero per lo Sviluppo economico, adesso in Parlamento) elimina l’obbligo di distanza minima fra i distributori. Misure pensate per incoraggiare la concorrenza fra grandi compagnie, accusate dall’Antitrust di organizzare “accordi segreti” per gonfiare il prezzo della benzina.
L'obbiettivo sono i petrolieri, eppure in sciopero ci vanno benzinai. Che della ricca torta del carburante raccolgono le briciole. Il 70 per cento, infatti, è legato a contratti di esclusiva con i tycoon del petrolio. I benzinai incrociano le braccia contro il governo perché temono di perdere il lavoro e così, di riflesso, difendono gli interessi delle grandi compagnie, che hanno poco da perdere e moltissimo da guadagnare.
“Difendere le compagnie! Non avrei mai voluto trovarmi in questa posizione” è il commento di Alessandro Zavalloni, segretario del sindacato dei benzinai Fegica-Cisl. Ma perché i benzinai temono la concorrenza? “In prima battuta – dice Zavalloni – i distributori saranno più numerosi e diminuirà il lavoro. Ci sono già migliaia di richieste per aprire nuove pompe. I prezzi tenderanno a salire perché la benzina distribuita resta la stessa, mentre salgono i costi di gestione. Oltretutto – continua Zavalloni – i benzinai legati a contratti in esclusiva con le compagnie si troveranno sempre più svantaggiati rispetto ai colleghi liberi di trattare più di un marchio, contrattando i prezzi e ricevendo sconti”.
Le pubblicità dei grandi marchi, comunque, puntano molto sui servizi di cortesia delle stazioni di rifornimento: non potrebbe essere, questo, un valore aggiunto dei piccoli distributori legati alle compagnie? “No. Si diffonderanno soprattutto le pompe automatiche, come in Francia. Con tagli al personale, a scapito del servizio” è la previsione di Zavalloni. Che denuncia le prime mosse di Agip: “In questi giorni l’azienda ha voluto rivedere i contratti, pretendendo di stabilire il prezzo della benzina erogata in automatico durante le ore notturne. Scavalcando l’autonomia dei gestori delle pompe. E' un brutto segnale”.

TAXI
Anche i tassisti – chi l'avrebbe detto - hanno qualcosa da lamentare. Gli italiani che prendono il taxi, in totale, non sono moltissimi, ma ormai le auto bianche hanno un filo diretto con il governo. E scendono in piazza – come lo scorso 8 maggio a Roma - ogni volta che in Parlamento si parla di trasporti pubblici urbani. In realtà, la maggior parte delle associazioni di settore non ha partecipato alla manifestazione romana, anche perché si sono accorti che un uso selvaggio della piazza, a conti fatti, non porta nulla di buono (a Roma hanno ottenuto solo un aumento delle licenze). Le associazioni però vogliono sedere all’ennesimo tavolo con il ministero dello Sviluppo economico. Stavolta il carattere bellicosa dei tassisti si scaglia contro un articoletto apparentemente innocuo (il numero 7) del disegno di legge, che offre ai privati la possibilità di organizzare servizi di trasporto a pagamento con “auto multiple” (una vettura che accompagna più passeggeri), oppure dedicati esclusivamente a bambini, anziani o handicappati. Stavolta cosa c’è che non va? “Avevamo già messo il punto sui taxi l’anno scorso, con il decreto Bersani”, commenta il presidente del radio-taxi romano 3570, Loreno Bittarelli, che ha guidato l’ultima manifestazione. “Il governo è tornato alla carica con questo disegno di legge che prevede licenze illimitate per servizi di trasporto non di linea, come quello dei taxi”.
Per Andrea Lulli, onorevole Ds e relatore alla Camera del disegno di legge, “la questione può essere chiarita tranquillamente. Quei servizi possono essere svolti anche dai tassisti. Possono organizzarsi e prendere accordi con gli enti locali. E’ giusto che i cittadini delle fasce più deboli trovino nuovi servizi a loro disposizione”. I tassisti, però, non vanno per il sottile: “Chiediamo il numero chiuso per le licenze dei servizi innovativi”. E pazienza se per i portatori di handicap ci saranno meno vetture. L’avranno vinta anche stavolta? Come no: il governo ha aperto il solito, immancabile “tavolo”.

TABACCAI
Un altro “tavolo”, invece, è dedicato ai tabaccai. Insomma, dev'esserci una bella ressa al ministero di via Molise. In realtà i tabaccai, contro le liberalizzazioni, non avrebbero molto da dire. Ma hanno un problema da risolvere. Da quando legge Bersani ha eliminato i costi di ricarica dei cellulari, infatti, gli operatori telefonici hanno cercato di recuperare le perdite aumentando le tariffe (come nel caso di Wind) e tagliando il margine di guadagno dei tabaccai per la vendita di carte prepagate. Giovanni Risso, presidente della Federazione italiana tabaccai (con 40 mila associati), spiega che “gli operatori hanno tagliato le percentuali per i tabaccai dal 3,6 al 2,2 per cento”. Chiaramente, il problema sarebbe limitato agli accordi fra operatori e tabaccherie, insomma, potrebbero anche gestirlo da soli. Eppure il governo è stato chiamato a intervenire e nei giorni scorsi, per farsi notare, molti tabaccai si sono rifiutati di vendere le ricariche telefoniche di piccolo taglio, creando un certo disagio. Le grandi aziende telefoniche, in realtà, non sembrano particolarmente colpite dall’iniziativa. Vodafone non commenta. Un portavoce di Tim sostiene che la sua azienda ha tagliato “meno degli altri operatori”. Secca la replica di Risso: “Tim aveva già abbassato le percentuali prima degli altri”. Insomma, si litiga: e vai con un altro tavolo.

Avvocati, il trucco dell'aggiornamento
“Aggiornamento professionale ogni tre anni”: il Consiglio nazionale forense fa un passo avanti e due indietro. E i centossantamila avvocati italiani devono partecipare a uno strano balletto.
La legge Bersani del 4 agosto 2006 ha eliminato le tariffe minime. I professionisti della legge hanno ottenuto la libertà di farsi pubblicità e accordarsi liberamente con i clienti (ad esempio, chiedendo compensi solo per le cause vinte). Pochissimi, però, hanno avuto il coraggio di percorrere le nuove strade. Le pubblicità degli studi legali sono ancora timide e sporadiche.
“Se ne vedono pochissime: presto molta attenzione alla cosa” commenta Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo, che ha a cuore il problema perché è avvocato anche lui. “In realtà, i miei colleghi sono abituati a gestire l’attività in modo molto conservatore. Anche i più favorevoli alle liberalizzazioni – continua Martinello – preferiscono muoversi con prudenza”. Abbiamo provato a chiamare alcuni studi legali in tutta Italia, chiedendo di sfruttare i nuovi strumenti previsti dalla legge. Ci hanno risposto con imbarazzo, timore o fastidio.
“Noi rispettiamo le tariffe minime, come disposto dal Consiglio” ci ha detto un professionista. In effetti, l’Ordine si è sempre mostrato contrario alle novità. Anche il Codice deontologico, lo scorso gennaio, è stato aggiornato di malavoglia: gli articoli più importanti sono stati sostituiti con formule tanto ambigue che l’Antitrust ha deciso di avviare un’indagine conoscitiva.
Di pari passo il Consiglio degli avvocati ha introdotto nuove, durissime regole sulla formazione professionale: un esame ogni tre anni per tutta la carriera. E per chi non partecipa è previsto un non meglio specificato “provvedimento disciplinare”. Ce ne parla Gaetano Romano, presidente dell’Associazione nazionale praticanti e avvocati: “Guarda caso – dice – dall’obbligo di aggiornamento sono esclusi i consiglieri dell’Ordine, i professori universitari, oppure chi ha fatto parte di una commissione d’esami”.
Per superare la prova bisogna accumulare un punteggio. Ma chi pubblica ricerche sugli organi di settore, ha diritto a un ampio vantaggio. Insomma: i grandi azzeccagarbugli non hanno nulla da temere, mentre giovani e piccoli avvocati sentiranno il fiato sul collo. Visto il clima, la timidezza degli avvocati sembra più che giustificata: “L’atteggiamento del Consiglio nazionale forense non determina il comportamento degli avvocati, ma certamente lo influenza” commenta il presidente di Altroconsumo.
Come se non bastasse, non è detto che gli aggiornamenti professionali siano gratuiti. Nel regolamento del Cnf la gratuità delle lezioni è “auspicabile” ma non garantita. E la spesa potrebbe essere consistente. Anche per questo motivo l’Antitrust ha deciso di estendere l’indagine conoscitiva - che ha “carattere urgente” - anche alle nuove regole sull’aggiornamento. L’indagine dovrebbe concludersi entro giugno.