28 giugno 2007

Antitrust: "Avanti con le liberalizzazioni"

(Il Salvagente)
 
di Francesco Martini
 
Quando un aereo prende quota ma la resistenza dell’aria diventa troppo forte, allora va in stallo. Il presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà ha usato proprio questa parola, “stallo”, per indicare la fase critica delle liberalizzazioni. Che rischiano di precipitare perché la manovra del governo, mentre prendeva quota, ha incontrato una resistenza troppo forte: “Le lobby si riorganizzano e trovano appoggi nei due schieramenti politici” ha detto il presidente dell’Authority martedì 26 giugno, durante la Relazione annuale a Montecitorio.

 L’opposizione trasversale all’apertura del mercato non si manifesta solo in Parlamento: il Garante della concorrenza e del mercato parla con preoccupazione soprattutto del ruolo delle regioni e degli enti locali. La relazione annuale fotografa una situazione sospesa: sono passati pochi mesi dalla prima ondata di liberalizzazioni e “non è ancora possibile apprezzarne gli effetti”, anche perché si sono “opposte resistenze all’attuazione dei nuovi principi”. Nel frattempo le leggi che ancora viaggiano in Parlamento incontrano ostacoli sempre maggiori perché “la cultura che ha ispirato le riforme non è pienamente accettata”, soprattutto dai gruppi di pressione che temono di perdere privilegi consolidati.
Catricalà parla direttamente al governo: la direzione è giusta, ma “è necessaria la ricerca di un più vasto consenso sui motivi delle scelte da compiere e sugli obbiettivi finali delle riforme”.
Nell’istantanea dell’Authority i consumatori sono in primo piano: “La loro tutela – sottolinea il Garante - è il fine ultimo dell’attività antitrust” e le associazioni dei consumatori “hanno supportato e a volte ispirato le segnalazioni più incisive”.
Non a caso la relazione annuale affronta argomenti ben noti ai lettori del Salvagente. Dalla libera vendita dei farmaci, che “le Regioni dovrebbero semplificare anziché aggravare”, all’eliminazione delle più pesanti restrizioni commerciali, come la distanza minima fra distributori di carburante: anche in questo caso “la mancata liberalizzazione è da ascrivere alle Regioni”.
Sono temi “caldi” perché il Senato, proprio in questi giorni, deve pronunciarsi sul disegno di legge Bersani. In Parlamento, oltretutto, si discute la riforma dei servizi locali, prevista nel disegno di legge del ministro agli Affari regionali Linda Lanzillotta. Perciò l’Antitrust punta il dito sulle aziende municipalizzate: niente di male se le amministrazioni “intraprendono un’attività economica” ma non possono agire “nella veste di regolatori e di regolati. Troppe volte l’Autorità si è sentita inerme di fronte a palesi vantaggi concessi all’impresa pubblica da atti di imperio comunali o addirittura da leggi regionali”.
Ha un sapore nuovo, invece, l’accusa lanciata contro banche e assicurazioni: il conflitto di interessi dovuto alla “fitta rete di intrecci azionari, partecipazioni e rapporti di finanziamento”, rischia di trasformarsi in “una grave patologia”. Sul numero 22 del Salvagente abbiamo denunciato alcuni casi esemplari: banche che obbligano i clienti a sottoscrivere polizze con compagnie controllate, oppure che rifiutano di concedere il mutuo se l’abitazione è già assicurata con la concorrenza. Sempre in tema di assicurazioni, Catricalà ha sottolineato che nel settore Rc-auto “i profitti delle compagnie crescono ma non scendono i premi a carico degli assicurati”. Una situazione ormai insostenibile, come denunciato più volte dal nostro settimanale: le assicurazioni Rc-auto sono state liberalizzate a metà degli anni Novanta eppure nell’ultimo decennio i premi sono aumentati del 110 per cento e pesano soprattutto sui giovani neopatentati.
Nel mirino dell’Authority anche gli ordini professionali: abolirli “non è necessario” ma riformarli sì. Anche perché “i principi della competizione” sono compatibili con “la tutela degli interessi pubblici”. Ma nell’ultimo anno, anziché “promuovere la qualità delle prestazioni” e la “tutela dei clienti”, categorie come quelle degli avvocati e dei notai (già che ci siamo, ricordiamo che il reddito medio dei notai è di 420mila euro all’anno) si sono concentrate sulla difesa a oltranza delle rendite di posizione, contro le disposizioni della legge Bersani..
Il Garante, quindi, non si è limitato soltanto alle analisi generiche ma è sceso nel particolare, affrontando di petto tre aziende di controllate dal Tesoro: Rai, Ferrovie e Eni. Catricalà non usa mezzi termini: in un modo o nell’altro, la televisione pubblica deve essere privatizzata, anche per dare slancio all’innovazione tecnica. Invece sulla rete ferroviaria (liberalizzata sei anni fa), “l’operatore dominante”, ovvero Trenitalia insieme a Rfi, non deve imporre “ostacoli all’ingresso” dei concorrenti.
Le liberalizzazioni non bastano neppure nel settore energetico. Perché “le strettoie tecniche e strutturali all’accesso delle materie prime”, sotto il dominio pesante dell’Eni, “costituiscono i più rilevanti ostacoli al formarsi di un mercato concorrenziale”.