25 gennaio 2007

Benzina, il prezzo non è giusto

(Il Salvagente)

di Francesco Martini

A differenza degli avvocati, dei tassisti e dei farmacisti, i benzinai non alzano un muro di no: è ora di cambiare. Bisogna vedere come, però.
I loro sindacati hanno annunciato lo stato di agitazione contro il disegno di legge per la liberalizzazione del settore voluto dal ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani. Ma c'è un punto fondamentale condiviso da tutti: la benzina, in Italia, costa troppo.

I dati dell'ultimo anno sono sconcertanti: mentre il prezzo del petrolio è calato del 20 per cento, quello della benzina è rimasto più o meno invariato e comunque più alto della media europea. Quali sono le cause? Ma soprattutto: come intervenire?
Sulle risposte, molti hanno da dire la loro: il governo, l'Antitrust, i consumatori e le associazioni di categoria.
Per il ministro Bersani è necessario riordinare i meccanismi della distribuzione. La rete è sovraccarica, frammentata e ingessata. Ci sono 40 pompe ogni l00mila abitanti: il doppio rispetto alla Germania, alla Spagna o alla Gran Bretagna. A differenza di altri settori, la concorrenza non manca, ma le autobotti devono riempire i serbatoi di 25mila punti vendita, che si accontentano di una clientela ridotta. Perciò i costi del servizio salgono.

Fra le soluzioni proposte da Bersani c'è la pompa di benzina al supermercato, capace di catturare un maggior numero di clienti e proporre prezzi più bassi. I supermarket farebbero concorrenza alle piccole rivendite, spingendo qualcuno a chiudere i battenti. La filosofia è questa: ridurre il numero di piccoli concorrenti dando spazio ai più grandi.
In realtà la grande distribuzione potrebbe già allestire i centri di rifornimento. Ma deve confrontarsi con una legge nazionale e con una miriade di norme regionali che limitano l'apertura di nuove pompe. Per ora i supermercati ne hanno aperte soltanto dieci (in Francia, invece, la metà dei distributori appartiene alla grande distribuzione).
In sintonia con Bersani, nei giorni scorsi l'Antitrust ha inviato una segnalazione a governo, Parlamento e Regioni. Sottolineando, fra l'altro, la necessità di liberalizzare gli orari apertura dei distributori. I distributori, infatti, restano chiusi per un numero di ore nettamente superiore alla Francia, alla Germania o alla Gran Bretagna. "L'imposizione di orari massimi - osserva il Garante - riduce la possibilità di scelta dei consumatori, mentre garantisce agli operatori già presenti sul mercato la stabilizzazione della clientela".

Le risposte delle associazioni dei benzinai sono da leggere con attenzione. Ovviamente, temono di ritrovarsi schiacciati dalla grande distribuzione. Ma non si chiudono a riccio: "Noi non siamo contro le liberalizzazioni - dichiara Roberto De Vincenzo, segretario generale di Fegica Cisl - a patto che si affronti il problema vero, ovvero quello del doppio mercato". De Vincenzo spiega che esistono due canali di vendita. Il primo, quello tradizionale, coinvolge il 70 per cento dei benzinai, che vendono solo una marca di benzina, perciò non sono liberi di scegliere il fornitore. Su ogni litro ricevuto dall'autobotte, hanno uno sconto di pochi centesimi di euro. Il secondo canale di vendita, quello "extra-rete", coinvolge i rivenditori che possono scegliere liberamente il fornitore, strappando il triplo dello sconto sul carburante. In questo modo, i benzinai tradizionali sono svantaggiati rispettò a quelli liberi. "Di fatto rimarca De Vincenzo - il produttore è lo stesso, ma i prezzi sono diversi. Così non si può fare concorrenza. Perché i costi di approvvigionamento, trasporto, raffinazione e stoccaggio, ricadono tutti sui rivenditori tradizionali. Chiediamo, quindi, che le compagnie petrolifere facciano ricadere i costi su tutti i rivenditori".

Anche i petrolieri (che in questi anni hanno realizzato profitti ingentissimi) si appellano a una ricerca dell'Istituto Bruno Leoni, per prendersela con le tasse che gravano su tutta la filiera del carburante. Soltanto nel 2005, secondo l'Associazione nazionale delle industrie automobilistiche, i consumi di carburante hanno generato tributi per 32 miliardi di euro. Non solo in Italia, comunque, il fisco rastrella tanti soldi, ma anche in Francia, dove la benzina al dettaglio costa 50 centesimi di euro al litro in meno.

Il segretario di Adiconsum, Fabio Picciolini, sottolinea comunque la necessità di guardare più avanti: "È giusto intervenire sugli orari e con l'apertura alla grande distribuzione". L'associazione ha calcolato che una famiglia che percorre 20mila chilometri potrebbe risparmiare, con la liberalizzazione, fino a 100 euro l'anno. "Ma il vero problema - dice Picciolini - non sono i benzinai, sono le compagnie petrolifere". L'associazione, infatti, da mesi si interroga sulle strane somiglianze dei prezzi del carburante: in Italia, le cifre proposte dalle compagnie sono praticamente identiche. Secondo il segretario di Adiconsum, "sarebbe opportuno introdurre un sistema simile a quello usato per l'energia elettrica. Intervenendo a monte, nei primi passaggi della filiera".