12 maggio 2005

Taxi-scandal, prima mossa del Garante

(Il Salvagente, campagna contro le "liste nere" delle centrali radio-taxi, secondo articolo)

di Francesco Martini

Per l’assessore ai trasporti di Milano Giorgio Goggi “le centrali radio-taxi stanno commettendo una gravissima violazione”. Gli fa eco il collega del Comune di Roma, Mauro Calamante: “La vicenda è grave: la macchina del Comune si metterà in moto appena riceveremo una segnalazione circostanziata”, mentre il responsabile ai trasporti Ds Luciano Chiolli parla di “fenomeno allucinante, che deve essere immediatamente arginato”. E il Codacons ha già inviato un esposto al Garante della privacy, chiedendo l’avvio di un’indagine sulle centrali radio-taxi di tutte le città italiane.
Sono alcune delle reazioni a un articolo pubblicato sul Salvagente della scorsa settimana, che denuncia la strana consuetudine di alcune centrali di radio-taxi: ormai da tre anni schedano tutti i clienti.
I dati sono conservati in giganteschi archivi informatici e le aziende dei tassì addirittura fanno distinzione fra cittadini “affidabili” e “inaffidabili”.

 Chi chiama il servizio taxi viene immediatamente identificato dal numero di telefono: un computer recupera in tempo reale tutti i dati che lo riguardano. I responsabili tecnici delle centrali, fra l’altro, ammettono che nomi, cognomi, indirizzi e numeri di telefono non sono le uniche informazioni raccolte. Tanto che “più di una volta le autorità giudiziarie, per svolgere indagini, hanno chiesto di avvalersi degli archivi informatici dei tassisti”, come spiega Salvatore Augusto, specializzato nella vendita, gestione e manutenzione delle banche dati per le centrali radio-taxi. Augusto lavora per la Contact Center Srl: “La nostra azienda - spiega - ha sviluppato il software di raccolta dati per Radiotaxi Blu, centrale che a Napoli gestisce 500 tassì su un totale di circa 2mila. Il sistema di identificazione è entrato in funzione sei mesi fa: da allora abbiamo raccolto le schede di almeno 300mila clienti”. La cifra è inquietante, perché utilizzano gli stessi metodi, ormai da tre anni, anche le centrali radio-taxi “La Capitale” di Roma, che gestisce 250 veicoli, e “Taxiblu” di Milano, che fa lavorare 2.050 tassisti. L’elenco dei radio-taxi impiccioni coinvolge anche “ProntoTaxi” e “Samarcanda” di Roma. A Milano colleziona dati personali anche “Autoradio Taxi” ma Leonardo Sabino, tassista, membro del consiglio d’amministrazione e responsabile degli impianti operativi di sala radio, ci assicura che entro 60 giorni dalla registrazione i nomi vengono cancellati dagli archivi. E' un tempo lunghissimo: il Garante della privacy, per la conservazione dei dati, dispone un massimo di due giorni.
Ma è davvero necessario, per chi gestisce un servizio pubblico come quello dei taxi, invadere la riservatezza dei cittadini?
Dalle centrali riceviamo sempre le stesse risposte: la raccolta dei dati - dicono - serve a svolgere il lavoro più in fretta perché riduce gli equivoci e protegge i tassisti dai clienti meno affidabili. Grazie alle banche dati, infatti, chi chiama un taxi e poi non si lascia trovare sul luogo dell’appuntamento, rischia di subire una punizione: le centrali rpossono vendicarsi marchiando il cliente come “inaffidabile” per evitare, in futuro, di inviare altri veicoli al suo indirizzo. Lo stesso vale per chi non paga a fine corsa, o per chi si comporta in maniera sconveniente a bordo delle vetture.
Secondo Giorgio Goggi, assessore ai trasporti di Milano, le schedature delle centrali radio-taxi sono “assolutamente inaccettabili: è una cosa che proprio non si può fare”. E allora perché il Comune non interviene, visto che è responsabile delle concessioni? “E’ vero, le licenze dei tassisti dipendono da noi, ma non abbiamo alcun potere sulle centrali. Però un’indagine da parte nostra, se è vero che il servizio è negato ad alcuni cittadini, non è da escludere” risponde l’assessore.
Comunque il presidente della centrale radio-taxi “La Capitale”, Antonio Di Tosto, si sente al sicuro: “Trovatemi un solo cliente che si lamenti perché non lo passiamo a prendere e poi ne riparliamo. Fino ad allora, scrivete pure cosa vi pare. I tassisti devono avere strumenti per difendersi”, continua Di Tosto e aggiunge: “Quando il cliente prende il taxi e poi non lo paga, chi rimborsa il tassista?”. Ma il presidente del 4994 poi si corregge: “Sia chiaro: non sto confermando l’esistenza delle liste nere. Non nego e non confermo nulla.”


A Roma, Milano, Napoli e Torino alcune centrali radio-taxi conservano i nomi e le informazioni personali dei loro clienti (e molte altre centrali, si preparano ad attrezzarsi con le stesse tecnologie). Dopo aver letto l’articolo sul Salvagente, il responsabile del settore auto pubbliche di Milano, Pasquale Errico ha fatto un salto sulla sedia: “Se è vero che le centrali radio-taxi si comportano in questo modo la situazione è molto grave” spiega Errico, e aggiunge: “Il rispetto della privacy non è una competenza del Comune di Milano. Ma c’è un altro aspetto, in questa faccenda, che potrebbe richiedere il nostro intervento. Non è lecito, infatti, negare ai cittadini un servizio di pubblica utilità, individuando i meno affidabili. E’ possibile – continua Errico - che alcuni chiamino il taxi e poi non si lascino trovare. Ma questo, per i tassisti, fa parte del rischio d’impresa. Non possono difendersi dai cattivi clienti con le schedature. Per il semplice motivo che la legge n. 21 del 1992, che è la legge quadro sul servizio taxi, stabilisce all’articolo 2 che il servizio deve essere garantito a tutti i cittadini”. Errico, comunque, sostiene che “il Comune non può intervenire senza la precisa denuncia da parte di un cliente ostracizzato”. Questa circostanza, però, potrebbe non verificarsi mai, per il semplice motivo che i clienti non sanno nulla delle “liste nere” delle centrali. I call-center, infatti, non si preoccupano neppure di richiedere il consenso per il trattamento dei dati personali, come disposto dal Garante della privacy. Nel migliore dei casi, quindi, chi è vittima del boicottaggio dei tassisti si sente rispondere che “non ci sono veicoli in zona”. “E’ una cosa davvero allucinante” commenta Luciano Chiolli, responsabile del settore trasporti per i Ds, ex-ferroviere, spiegando il suo punto di vista: “E’ come se il viaggiatore di un treno, solo perché una volta non ha pagato il biglietto, fosse interdetto da tutte le stazioni. E’ inaccettabile.”