1 novembre 2011

ROULETTE RUSSA DI STATO

di Francesco Martini

(Rolling Stone - RS Inchiesta)

È LA TERZA INDUSTRIA ITALIANA PER FATTURATO.
UNA GALLINA DALLE UOVA D'ORO CHE FA GOLA A TUTTI: ALLO STATO, CHE NE HA IL MONOPOLIO, Al CONCESSIONARI, Al COMMERCIANTI.
E AI GIOCATORI, CHE SPERANO DI CAMBIAR VITA GRAZIE ALLA FORTUNA.
MA LA FORTUNA C'ENTRA DAVVERO POCO.



A FINE 2011 il business del gioco d'azzardo, secondo le stime, incasserà la bellezza di 75 miliardi di euro, più del Prodotto interno lordo di Paesi come il Mozambico o l'Armenia. Il gioco di Stato è la terza industria italiana, dopo Eni e Fiat, e fa sempre più soldi nonostante la crisi e le aziende che falliscono in tutto il mondo. Ma quando i Gratta&Vìnci non vincono, le slot machine non regalano cascate di monetine e le scommesse finiscono male, la colpa non è solo della sfortuna.
Nei prossimi mesi vincere al gioco sarà ancora più difficile perché lo Stato si prepara a mettere le mani sui montepremi per far cassa. Senza che i giocatori siano informati.

SPREMERE IL GIOCO
Per fronteggiare la crisi, infatti, il governo ha deciso di spremere il gioco d'azzardo, anche se non ha specificato chi intende colpire.
Nel decreto correttivo dei conti pubblici approvato a settembre c'è scritto che i Monopoli di Stato - che controllano il business dei giochi - devono rastrellare "maggiori entrate in misura non inferiore a 1.500 milioni di euro". Ma non è chiaro come salteranno fuori. Tanto che il Servizio studi della Camera, poco incline ai commenti, stavolta è costretto a evidenziare l'inconsueta "genericità delle disposizioni in materia di giochi". Una vaghezza che legittima qualche sospetto. Basta addentrarsi nei meccanismi che regolano il business del gioco d'azzardo - che sveliamo in queste pagine, insieme a qualche segreto - per scoprire che i veri bersagli del comma.3 dell'articolo 2 del decreto economico, come confermano anche gli esperti del settore, potrebbero essere proprio i giocatori. Ovvero l'anello più debole della catena.
La norma è particolarmente insidiosa perché può essere applicata in sordina, lontano dal Parlamento e dai riflettori della stampa.
Il rischio, estremamente concreto, è che si decida di abbassare le vincite, salvando gli interessi delle grandi imprese. Chi gioca, quindi, riceverebbe meno soldi e con minore frequenza, senza nemmeno sapere del cambiamento. Vediamo perché.

UNA CIFRA COLOSSALE
Per ottenere un miliardo e mezzo di "maggiori entrate" sarebbe previsto anche un ritocco del prezzo delle sigarette, che però è già aumentato insieme all'Iva e non potrà crescere troppo senza favorire il mercato nero. Qualcosa bisognerà prendere anche dal gioco d'azzardo, governato completamente dallo Stato, che raccoglie una percentuale dei soldi spesi dai giocatori.
Una cifra colossale: entro la fine del 2011 gli italiani avranno puntato circa 75 miliardi di euro. Per dare un ordine di grandezza, l'intera manovra "lacrime e sangue" varata da Berlusconi e Tremonti vale, a confronto, 20 miliardi di meno. Le maggiori entrate previste dal decreto corrispondono, pressappoco, al 2% dell'incasso.
Anche se i giochi sono tutti controllati dai Monopoli di Stato, in concreto la gestione è affidata ad aziende private come Lottomatica, Sisal o Snai, che hanno ricevuto concessioni pubbliche per occuparsi, ad esempio, di stampare e distribuire i Gratta&Vinci, raccogliere le scommesse e tenere in funzione le slot machine. In cambio, insieme ai Monopoli, i concessionari raccolgono una percentuale delle cifre spese dai giocatori.

CHI PAGA? SEMPRE GLI STESSI
Ora che il governo chiede più soldi, però, qualcuno dovrà sacrificarsi. A chi toccherà? Forse ai giganti come Lottomatica o Sisal? Sarebbe una soluzione ragionevole, perché i concessionari raccolgono cifre strepitose con spese relativamente modeste, quindi negli anni si sono arricchiti formando una lobby potente.
Ma se lo Stato toglie ai concessionari, questi ultimi per recuperare la perdita abbassano le speranze di vittoria dei giocatori.
Le grandi aziende, oltretutto, hanno contratti già firmati e una pletora di avvocati pronti a difenderli: la loro fetta è al riparo.
Forse il sacrifìcio potrebbe riguardare i commercianti che vendono i Gratta&Vinci, ospitano le slot machine e raccolgono parte dell'incasso. Ma pure loro, specie i tabaccai, si difendono bene.
In passato hanno presidiato le loro percentuali con dure battaglie, digerendo a fatica qualche compromesso. Tanto che Giovanni Risso, presidente della Federazione Italiana Tabaccai, non vuole più sentirne parlare e dichiara: «Non ci sono margini di trattativa. Abbiamo già rinunciato a molto: i contratti non si toccano». Anche l'ipotesi di colpire i commercianti, quindi, avrebbe vita difficile.

LONTANO DAI RIFLETTORI
Ma allora dove va a parare la legge economica? Per quale motivo, invece di fornire precise direttive, si limita ad avanzare ipotesi, come quella di sperimentare "nuovi giochi"? Otto italiani su dieci, secondo una ricerca Eurispes, non ne sentono alcun bisogno, anche perché molti giochi sono già stati lanciati nel corso dell'anno: il mercato, più che saturo, è sfinito. Qualcosa si potrà raggranellare "vendendo" nuove concessioni, ma il conto comunque non torna. Evidentemente l'obiettivo, mimetizzato fra i diversivi, è un altro. Di fatto, senza ordini chiari, il compito di trovare un miliardo e mezzo ricade tutto sui Monopoli di Stato, che ricevono una delega in bianco. Con un vantaggio: i Monopoli possono muoversi un po' in sordina, promulgando "decreti direttoriali" che passano generalmente inosservati anche se spostano milioni di euro.

L'UOVO DI COLOMBO
Senza dare troppo nell'occhio, con una norma secondaria, i Monopoli potranno battere il tasto più comodo: "Variare il montepremi", come si legge anche nel decreto. Ovvero abbassare la percentuale destinata alle vincite. E l'uovo di Colombo: un'idea semplice ed efficace che consente allo Stato di mettere le mani su una montagna di soldi, sicuri e immediati, senza scomodare grandi interessi organizzati. Infatti i giocatori non sono riuniti in corporazioni, non possono invocare il rispetto di contratti e non sanno neppure qual è la percentuale dell'incasso, per ogni concorso, destinata ai premi. Senza termini di confronto nessuno potrebbe notare se le vincite sono diminuite. Perché in Italia siamo abituati a giocare alla cieca.

GIOCARE ALLA CIECA
Facciamo un esperimento. Prendiamo due concorsi del gioco più di successo, il Gratta&Vinci: conviene più "Sbanca Tutto" o "Vivere alla Grande"? Hanno lo stesso prezzo (10 euro) perciò potremmo ritenerli uguali. Nei box in queste pagine dedichiamo un approfondimento agli "ingranaggi invisibili" dei principali giochi, ma diciamo subito che il concorso "Sbanca Tutto" è più conveniente di "Vivere alla Grande" perché permette di vincere di più e con maggiore frequenza. Vale lo stesso per gli altri concorsi in circolazione: sono tutti diversi, cambiano le probabilità di vittoria e le percentuali di incasso desinate ai premi.
Ma sui biglietti queste informazioni non si trovano, quindi è impossibile scegliere i migliori.
Ecco perché sarebbe facilissimo, per il governo, fare un bel po' di cassa anche solo con i Gratta&Vinci. Basta che i Monopoli producano un maggior numero di concorsi "meno fortunati".
Lo stesso vale per lo slot machine. Secondo indiscrezioni pubblicate dai maggiori quotidiani, lo Stato potrebbe tagliare qualcosa dai ricavi concessionari. Che però a loro volta sono liberi di recuperare i soldi agendo sui meccanismi delle "macchinette", per rendere le vincite meno facili. Per intervenire sul funzionamento delle slot di ultima generazione occorre meno di una notte, basta un comando a distanza, perché sono tutte collegate a un sistema centrale: il mattino dopo, senza alcuna differenza visibile, chi gioca vincerà di meno.

"NON TRADIRE TUA MOGLIE"
Insomma, giocare con lo Stato non è molto conveniente. Anche senza tagli la percentuale di "restituzione" per tutti i giochi - ovvero la parte di incasso "restituita" in media con i premi - non è altissima: circa il 75%. Ma non c'è alternativa: diversamente da altri Paesi (come l'Inghilterra) la libera iniziativa è vietata, quindi non è possibile scegliere con chi giocare.
La Corte Europea, con una certa regolarità, negli anni ha continuato a chiedere all'Italia di giustificare la violazione delle regole che dovrebbero tutelare il libero mercato. Anche perché il monopolio pubblico, da noi, è stato trasferito tale e quale a un ristretto numero di concessionari privati.
L'Italia ha risposto alla Corte che il gioco "è un vizio" e il monopolio, anche gestito da privati, serve a tutelare i cittadini. Il tribunale europeo, però, si è lasciato convincere solo a metà.
Secondo i giudici se l'azzardo è un vizio allora i cittadini vanno tutelati sul serio, quindi lo Stato - più che far cassa - deve impegnarsi a scoraggiare i giocatori. Se invece è un business, lo Stato deve mollare le briglie e aprire il mercato alla concorrenza.
Dunque che strada si è scelta? Tutte e nessuna: un capolavoro di doppiezza. Lo Stato continua a raccogliere soldi lanciando nuovi concorsi ampiamente reclamizzati: solo nel 2010 i concessionari hanno speso 4 milioni di euro in pubblicità. Ma accanto agli slogan che promettono vincite strepitose, per mantenere un apparente rigore, c'è scritto: "Gioca senza esagerare". E' come se ad Amsterdam all'ingresso o all'interno dei bordelli mettessero un avviso: "Non tradire tua moglie".

UN POPOLO DI GIOCATORI
Nonostante le avvertenze, infatti, l'opera di dissuasione dei giocatori non è riuscita molto bene. Negli ultimi sette anni la spesa pro capite per il gioco è cresciuta quattro volte, da 270 a più di 1000 euro a testa: siamo il Paese al mondo in cui si gioca di più.
Sbaglia però chi la considera una "tassa sugli stupidi" (frase attribuita al conte di Cavour, che oltretutto era un accanito scommettitore) oppure, con un po' di retorica, una "tassa sulla povertà".
Perché in Italia giocano quasi tutti: secondo una ricerca Eurispes, circa 35 milioni di persone. La vera differenza è fra le motivazioni.
Basta dare un'occhiata agli ultimi dati: mentre i dirigenti giocano principalmente "per divertimento", la maggioranza degli operai, dei commessi e delle casalinghe cerca di "cambiare la propria esistenza". Il 13,5% dei disoccupati poi ammette di aver sperimentato periodi di dipendenza da gioco e il 14,3% degli intervistati fra 35 e 44 anni gioca con l'obiettivo di "integrare il reddito".

MA LO STATO ESAGERA ECCOME
Facendo leva anche sulle speranze degli italiani dal 2003 le dimensioni del settore si sono addirittura triplicate, fino a incidere per il 3,86% sul Prodotto interno lordo. Altro che "Gioca senza esagerare". Perfino un esperto come Fabio Felici, direttore di Agicos, la prima agenzia stampa tutta dedicata ai giochi, è convinto che siamo andati troppo oltre. «E' un mercato da cui si pretende troppo. Di questo passo», dice Felici, «c'è il rischio che imploda. La politica continua a intervenire in modo pesante cambiando tutto a velocità vertiginosa, mirando a nuove entrate. I giochi stanno correndo a un ritmo completamente diverso dall'economia del Paese. C'è il rischio di andare a sbattere».

SE SCOPPIA LA BOLLA
E già successo, ad esempio, nel business delle scommesse ippiche, che negli anni '70 ha riempito il Paese di ippodromi ma ora sopravvive solo grazie ai contributi statali. Si è visto anche con le sale Bingo, volute fortemente dal governo D'Alema, incoraggiate a diffondersi e poi in gran parte fallite. Eppure dal 1998, dopo i primi decreti per la riorganizzazione del settore, lo Stato ha continuato a rilanciare. Segno che le prime vittime di una patologia sempre più diffusa, il "gioco compulsivo", sono proprio i responsabili di governo. Che stanno contagiando un intero Paese. E corrono rischi sempre più alti.

Luci e ombre dei Gratta&Vinci

Il mercato dei "grattini " vaie 9 miliardi e 320 milioni di euro. Esistono 34 tipi di Gratta&Vinci, tutti prodotti da Lottomatica, che dal 2003 ha il monopolio della gestione.
Stampati Oltreoceano. Una legge del 1991 stabilisce che i Gratta&Vinci sono "valori", come il denaro circolante. Quindi la produzione avrebbe dovuto essere riservata alla Zecca. Invece sono stampati in Florida e in Georgia, fuori dalla giurisdizione italiana.
Quali controlli? Per ammissione dei Monopoli il primo e unico controllo alle tipografie di Lottomatica è stato nel 2003. Chi garantisce allora che venga stampata la corretta quantità di biglietti vincenti? I Monopoli ammettono di non disporre di personale ispettivo: i controlli a campione sono stati affidati a Lottomatica che, dunque, si autocontrolìa e autoispeziona...
Probabilità (scarse) di vincere. I Gratta&VInci sono tutti diversi, anche allo stesso prezzo. Due esempi: la probabilità di vincere un qualsiasi premio con un biglietto da 2 euro del concorso "Bowling" è dell'11,2%, ma con il tagliando di pari costo di "Oroscopo" si scende al 9,9%. Cambia anche la quota di incasso destinata ai premi: per "Bowling" è il 65,3%, per "Oroscopo" solo il 63,3%. Tutti questi dati sono "segreti", non vengono divulgati: perché non si trovano sul retro dei biglietti?
Altro che gioco d'oro. Sono 36 milioni i tagliandi previsti per il concorso più recente, "Cruciverba d'oro", che assegna premi da 50 euro su 41.490 biglietti e vincite da 200mila euro solo su 18 "grattini" della serie. Ai giocatori saranno distribuiti in totale 68 milioni e 850mila euro. Ma qual è la percentuale dell'incasso destinata ai premi? Quanti sono i premi già sorteggiati?
Lottomatica possiede queste informazioni: perché non le comunica ai giocatori?

Le slot machine? “Addomesticate”

Inserisci una monetina e ti affidi al caso. Ma le slot machine sono tutte "addomesticate". Ce lo rivela Eugenio Bernardi, uno dei costruttori.

75%
è la parte dell'incasso destinato alle vincite delle slot machine.

90%
è l'incasso che finisce in vincite con le slot machine dei casinò, molto più "generose". La percentuale può variare a seconda del caso. Invece nelle macchinette da bar il caso non c'entra: un software "corregge" tutte le partite per conservare il rapporto fra vincite e incassi. Altro che fortuna.

32 miliardi di euro
spesi nel 2010 nelle "mangiasoldi".

10 concessioni
sono state affidate dallo Stato ad aziende private per gestire le slot machine. Ma per la Commissione Antimafia sono state scelte "con leggerezza" anche società riconducibili a famiglie mafiose.

98 miliardi di euro
è il danno all'Erario per omissioni di controllo sulle "macchinette" calcolato nel 2007 dalla Corte dei Conti.

10 euro
è il limite di spesa a partita delle videolottery, le slot di ultima generazione.
Per le vecchie slot era 1 euro. Si incoraggia il gioco compulsivo.

85%
è la parte del giocato che dovrebbe andare in vincite con le nuove videolottery. Ma la proporzione è sui "punti", non sul denaro. Quindi si rischia di vincere meno delle vecchie "mangiasoldi".