12 maggio 2011

Gratta, gratta, nella lotteria c'è il trucco?

(Linkiesta) 

di Francesco Martini



Sicuri che non ci sia il trucco? Per un gioco come il Gratta & Vinci, con 17 milioni di giocatori che spendono 9 miliardi e 320 milioni di euro all’anno, non dovrebbero esistere dubbi. Il meccanismo deve essere perfetto, cristallino. Invece, se vai grattare, ti imbatti in controlli scarsi, regole non sempre chiare, situazioni a rischio di conflitto di interesse e stranezze nella gestione dei conti correnti. Ma soprattutto, ai giocatori non sono fornite tutte le informazioni essenziali per giocare.

In Italia il gioco d’azzardo è controllato dallo Stato attraverso l’Amministrazione dei Monopoli. Il fiume di soldi delle giocate, per legge, finisce insieme alle tasse, in percentuali che variano da un gioco all’altro. Siamo il paese occidentale dove si punta di più: fra biglietti da grattare, videopoker, lotterie e scommesse, si spende una cifra colossale, circa 70 miliardi di euro, secondo i dato Agicos, paragonabili al prodotto interno lordo di paesi come il Kuwait o il Qatar.
Le “lotterie istantanee”, nome tecnico dei Gratta&Vinci, sono il gioco di maggiore successo. E’ difficile pensare a un business più redditizio, la gestione costa poco e rende cifre strepitose, stampare biglietti è come amministrare una fabbrica di soldi. Un decreto del 1991 specifica addirittura che “i biglietti delle lotterie istantanee costituiscono valori" e che "la stampa è riservata alla Zecca”.
Eppure i Gratta&Vinci, dal 2003, non sono gestiti dallo Stato, ma da un privato, e i Monopoli conservano solo un ruolo di controllo. Per il resto la fabbrica di soldi è affidata in concessione a Lottomatica, controllata dal gruppo De Agostini. Da “Maxi Miliardario” a “Una Barca di Soldi”, tutti i biglietti legali, di qualsiasi prezzo, sono distribuiti da Lottomatica, che incassa le vendite e paga le vincite. Alla fine della fiera la torta è spartita fra concessionario, tabaccai e Stato.
Non è più la Zecca, quindi, a stampare i biglietti, ma neppure Lottomatica. Se ne occupa una società “terza”, che svolge un ruolo di garanzia: Scientific Games, azienda americana con sede ad Atlanta, in Georgia. Perciò i tagliandi, per arrivare in Italia, affrontano lunghi viaggi in nave. Ma il problema è un altro: Scientific Games sforna 9 miliardi di “valori” all’anno per conto dello Stato, ma fuori dalla giurisdizione italiana. Il che rende oggettivamente difficili i controlli per assicurare, ad esempio, che tutti i biglietti vincenti siano effettivamente stampati. La Guardia di Finanza si limita a contrastare le contraffazioni, che è tutt’altra cosa.
Della sicurezza si occupano i Monopoli, perciò abbiamo chiesto di parlare con un responsabile dell'ufficio ispettivo. Non è stato possibile per due buoni motivi: «non c’è alcun responsabile - rispondono dai Monopoli - e non esiste un ufficio ispettivo». Ma allora chi ci va in Georgia? «I nostri dirigenti – è la risposta – sono andati a vedere i processi produttivi. Da allora non è più necessario inviare funzionari». Vale a dire che, stando alle informazioni ufficiali, negli ultimi otto anni, dopo la visita inaugurale, nessuno ha messo piede ad Atlanta. Resta da capire chi fa le ispezioni: «Sono previsti controlli a campione da parte di Lottomatica». La vigilanza su un aspetto fondamentale della concessione, quindi, è affidata allo stesso concessionario. Oltretutto Scientific Games, lo stampatore, ha un difetto: fa parte del Consorzio lotterie nazionali, che è a sua volta controllato da Lottomatica e di cui fanno parte anche i tabaccai con una piccola quota. Perciò in Georgia, secondo i Monopoli, Lottomatica dovrebbe fare «controlli a campione» su se stessa. L’altro fornitore di biglietti è Gtech: anche questo stampa all’estero ed è controllato direttamente da Lottomatica.
Superato l’Oceano, finalmente, i “grattini” vengono messi in vendita dai tabaccai. Quanto si può sperare di vincere? Ecco, questo è un mistero. I giocatori del Gratta&Vinci, per legge, hanno diritto a una quota chiamata “restituzione”: è la percentuale degli incassi destinata ai premi. Di tutto il denaro speso dagli italiani per comprare i tagliandi, una parte deve essere restituita con le vincite. Alcuni giocatori, magari, scoprono i premi più ghiotti, altri beccano pochi spiccioli, ma il rapporto fra incassi e premi non può cambiare. È tutto deciso a tavolino: dalla quantità di biglietti stampati e al numero di biglietti vincenti, quindi la percentuale destinata alla “restituzione” resta invariata.
Dunque, qual è la percentuale dei miracoli? Non la conoscono neppure i Monopoli. Valore previsto per il 2011? «Non lo sappiamo – dicono – ed è impossibile saperlo». Proviamo a rivolgerci a Lottomatica, che a differenza dei Monopoli conosce esattamente i numeri di serie dei biglietti vincenti. Grazie a una capillare rete informatica, tiene traccia di tutti i premi in vendita. Ma Lottomatica non parla, anzi, ci rimbalza di nuovo ai Monopoli, che «rispondono per entrambi». Concedente e concessionario, controllato e controllore, parlano con una voce sola: «La percentuale massima di restituzione, in un anno, in media, è il 75%». Strane espressioni (“circa”, “in media”, “percentuale massima”) per un gioco senza elementi casuali. Fra l’altro, il 75% è solo un limite massimo, un tetto alla “fortuna”. E per la “sfortuna”? Esiste un minimo garantito per i premi? «Ad oggi – dicono i Monopoli - non sono previsti limiti minimi».
Resta difficile credere, in ogni caso, che la prima lotteria al mondo in ordine di incassi, voce fondamentale nel bilancio dello Stato, sia regolata con approssimazione. Qualche punto fermo si trova nei documenti ufficiali, fra i decreti di indizione delle lotterie. Sono pochi articoli di legge, pubblicati per autorizzare la messa in vendita, volta per volta, di “Fai Scopa” o “Mille e Una Notte”. In quelle pagine è specificata la quantità di biglietti stampati e il numero esatto di tagliandi vincenti per ogni premio.
Prendiamo un decreto a caso, quello di “Oroscopo”. Con l’aiuto di un esperto in matematica, finalmente, siamo alla meta: la percentuale di “restituzione” ai giocatori è il 63 per cento. Sicuri? Proviamo con un altro biglietto, “Buon Compleanno”: 68 per cento. “Colpo Vincente”: 78 per cento. Da una lotteria all’altra, anche allo stesso prezzo di vendita, le percentuali di restituzione sono completamente diverse. Come si spiega? «Motivazioni commerciali». Ma chi stabilisce questi valori? «Li propone Lottomatica». Nessuno, però, ha pensato di avvertire i giocatori. Che magari continuano a grattare “Megamiliardario” senza immaginare che “Sbanca Tutto”, allo stesso prezzo, offre migliori chance di vincere un premio. Per quale motivo le probabilità di vittoria non sono scritte sul retro dei biglietti, magari accanto allo slogan dei Monopoli, “gioca responsabile”?
I decreti di indizione, oltretutto, ogni tanto vengono prorogati, ma non tutti insieme e neppure a scadenze regolari. In questo modo, chiaramente, tenere traccia delle entrare e delle uscite diventa complicatissimo, praticamente impossibile. Il resto viene da sé, ed è sconcertante. I miliardi di incassi dei Gratta&Vinci sono raccolti da Lottomatica in un conto privato, presso Banca Intesa: i Monopoli si limitano a ricevere “rendicontazioni periodiche” da parte del concessionario. E gli interessi? La fiumana di soldi che transita per il conto Intesa, sicuramente, frutta cifre notevoli. Ma i Monopoli e Lottomatica preferiscono «non fornire informazioni in proposito. Comunque – garantiscono – gli interessi vengono liquidati regolarmente allo Stato». Più che giusto. Però chi li ha negoziati? “Lottomatica”.
Gli interessi sono concordati fra privati, ma per conto dello Stato. E ancora: i Monopoli conoscono perfettamente la quota di incassi destinata ai tabaccai (l’8%) e a Lottomatica (il 3,9%), ma non sanno specificare il dato più importante, ovvero, quanto tocca allo Stato. Insistono che «è il residuo, la parte restante». Ma di cosa? Difficile dirlo, anche perché, come abbiamo visto, la quota destinata ai giocatori «è impossibile saperla». Quindi è impossibile sapere cosa resta. Eppure è importante, perché per decreto, oltretutto, parte di quei soldi è destinata ai terremotati dell’Abruzzo.
Per finire: che fine fanno tutti i biglietti vincenti smarriti o cestinati per errore? Succede con una certa frequenza: i giocatori non si accorgono di avere in mano un tagliando fortunato e lo buttano nell’immondizia. I premi non riscossi restano a Lottomatica? «No, vengono liquidati allo Stato», assicurano dai Monopoli, ma non comunicano le cifre, perché «per conoscerle bisogna aspettare il rendiconto finale, che si fa alla chiusura di ogni lotteria». Ma trenta lotterie su quarantacinque, da otto anni, sono costantemente prorogate, sicché, anche stavolta, nessuna risposta è possibile.
In conclusione i Monopoli, che dovrebbero svolgere un ruolo di controllo, non sono dotati di un apposito ufficio ispettivo, non sono in grado di conoscere esattamente la quota dell’incasso destinata allo Stato, non sanno quanto andrà ai giocatori e ignorano l’ammontare delle vincite non riscosse, perché l’organizzazione del gioco, che dovrebbe essere chiara e lineare, è estremamente tortuosa e ostacola, di fatto, la raccolta di informazioni. Per questo motivo Lottomatica, che dovrebbe essere sottoposta al controllo pubblico, gode di una libertà d’azione impressionante: tiene traccia dei numeri di serie dei biglietti vincenti, gestisce in autonomia il conto corrente, negozia gli interessi per conto dello Stato e scrive i rendiconti, si occupa delle ispezioni sullo stampatore (con cui è consorziata) e “propone” le percentuali di vittoria per ogni lotteria. Ora, senza dubbio Lottomatica merita il massimo della fiducia. Ma è proprio questo il punto. Si può gestire sulla fiducia un business da 9 miliardi e 320 milioni di euro?