22 luglio 2004

Le responsabilità del grande black-out

(Il Salvagente)

di Francesco Martini
 
Speriamo che gli svizzeri, quest’anno, abbiano potato bene gli alberi. E’ ancora buio, infatti, sulle responsabilità del grande black-out del 28 settembre 2003, che per 17 ore ha lasciato senza corrente elettrica oltre 7,3 milioni di italiani. Dopo quasi un anno, cinque inchieste e una valanga di polemiche, l’unico colpevole accertato è il ramo dell’albero svizzero: caduto su un cavo dell’alta tensione l’aveva tranciato, lasciandoci tutti a lume di candela. Il ministero dello Sviluppo economico ha un rapporto riservato sull'accaduto. Chi l'ha scritto ci ha affidato alcune indiscrezioni che aggiungono nuovi indizi sui responsabili del blocco della corrente.

Secondo le stime delle associazioni consumatori il black-out ha provocato danni agli italiani per 390 milioni di euro. La cifra non è mai stata rimborsata neanche in minima parte e nessuno ha mai garantito, in modo realistico, che un simile disastro non possa ripetersi in futuro. Secondo il Gestore della rete di trasmissione nazionale (Grtn) il black-out è stato un accidente sfortunato, una calamità imprevedibile, di quelle che si evitano solo con le preghiere. Ma è difficile crederlo. Anche se fosse vero, la responsabilità non può restare in sospeso: non si può investire qualcuno con la macchina e poi dare colpa alla sfortuna. Ecco perché la storia del black-out somiglia sempre più a una sgradevole commedia.
I personaggi principali sono il Grtn, l’Enel (che attraverso la società Terna possiede il 95% della rete di trasmissione), i proprietari delle centrali elettriche (anche in questo campo l’Enel ha un ruolo predominante) e i gestori della rete svizzera.
Gli svizzeri sono finiti nel mirino di un’indagine dell’associazione dei gestori delle reti elettriche europee, perché non avrebbero avvertito per tempo le autorità italiane.
L’Autorità garante per l’energia, invece, sposta l’attenzione sull’Enel, che la notte del black-out non avrebbe attuato adeguate misure di precauzione. Sotto accusa anche il Grtn, “che aveva dato solo parziale attuazione alle direttive ministeriali per il servizio di riserva delle centrali”.
E il ministero delle Attività produttive, che dice? Fra le inchieste avviate subito dopo il black-out, quella governativa è rimasta segreta.
Secondo vaghe indiscrezioni sui quotidiani, la responsabilità dell’interruzione di corrente in tutto il Paese ricadrebbe, oltre che sul Grtn e su Enel, anche sulle ex municipalizzate come Acea, Aem Milano e Aem Torino, che non avrebbero attuato le opportune procedure di precauzione.
Abbiamo chiesto al ministero di inviarci una copia del rapporto, ricevendo un rifiuto ufficiale che non è stato spiegato in alcun modo. Perciò abbiamo contattato l’ingegner Gugliemo Ferrari, capo della segreteria tecnica del ministero, che quel documento l’ha scritto, ha il compito di custodirlo e ha ricevuto precise istruzioni di non divulgarlo.
A lui chiediamo il motivo di tanta segretezza.
“Non ne ho la più pallida idea” risponde l’ingegnere, sottolineando che “sarà comunque il ministro Marzano a decidere se e quando il rapporto potrà essere pubblicato”.
Ingegnere, cosa c’è scritto nel rapporto?
Non ho l’autorizzazione per dirlo. Posso dire, però, che le indiscrezioni sono esatte.
Sono stati adottati dei comportamenti che potrebbero essere giudicati irresponsabili?
Non sono un giudice. Non ho l’autorità per dirlo.
Delle circostanze menzionate nel rapporto, quali meriterebbero di essere prese in esame?
La scelta spetterebbe a un giudice.
Sono state attuate le opportune misure di precauzione?
Innanzitutto, bisogna ricordare il problema svizzero: non è stato segnalato come conveniva. E poi sono scattati i sistemi di protezione, perciò alcune centrali si sono sottratte all’opera.
Che cosa non ha funzionato?
In una situazione critica come quella del black-out, se ci sono delle perturbazioni violente nella rete, le centrali dovrebbero staccarsi e rimanere “in isola”, ovvero, dovrebbero continuare a funzionare, a produrre energia, per riagganciarsi alla rete subito dopo il momento di crisi. Non tutte hanno funzionato in questo modo.
Molte centrali erano spente…
Molte non servivano.
Perché le centrali si sono staccate?
Perché, come ho detto, esistono dei meccanismi di sicurezza che le isolano dalla rete. Gli stessi meccanismi, però, in molte centrali erano particolarmente sensibili. Forse troppo.
C’è stata una carenza di controllo sulle centrali?
E da parte di chi?
Non spetta al Grtn?
Direi proprio di no. Ma anche laddove controllare spettasse al Gestore… guardi, le faccio un esempio: la caldaia condominiale. Deve essere revisionata regolarmente da un tecnico, no? Ecco. Ma se appena il tecnico se ne è andato la caldaia viene manomessa, di chi è la colpa? Certo non del tecnico.
Perché il personale delle centrali non è intervenuto tempestivamente?
Io sono stato dirigente di una di queste centrali. E posso dirle che i capiturno, molte volte, le spie di allarme le disattivano direttamente, perché non hanno voglia di vederle o di sentirle suonare.
La mancanza di adeguate forme di precauzione nelle centrali, secondo lei, può essere dovuta a motivi di interesse?
Non posso escludere che i produttori possano trovare sconveniente adottare le misure precauzionali.

Contromisure scarse: può capitare ancora
Il Grtn è costantemente sotto il riflettore, impegnato a diffondere previsioni e moniti sulla situazione energetica: quest’anno, ad esempio, pare che l’emergenza ricorrerà a fine luglio. Non si capisce bene a chi siano rivolti, tutti questi richiami, dal momento che il compito di “coordinare il funzionamento degli impianti di produzione, importare ed esportare e intervenire in tempo reale con le opportune azioni perché l’energia richiesta sia in equilibrio con quella prodotta” è proprio del Grtn.
A ben guardare, però, il Gestore ha buoni motivi per tentare di richiamare l'attenzione: non è chiaro, infatti, come gli sia possibile “coordinare” la produzione e “intervenire con le opportune azioni” dato che i produttori, al momento, sono liberi di comportarsi secondo convenienza.
La contraddizione era stata denunciata in un rapporto del Grtn del 2003, prima del black-out. C’era scritto che “non esiste alcun obbligo cogente e sanzionato, a carico dei titolari, per la messa a disposizione dei loro impianti di generazione”. E’ difficile in queste condizioni organizzare un buon piano precauzionale, valido per qualsiasi emergenza: bisogna che i produttori, spontaneamente, abbiano la premura di tenere in stato di “allerta” le centrali elettriche, con i costi che ne conseguono.
Alle 3,40 del 28 settembre 2003, quando in Svizzera si è guastata una linea e si è innescata una prevedibile reazione a catena che ha fatto saltare le altre 15 linee di confine già sovraccariche, le centrali pronte a intervenire erano poche. Fra quelle che avrebbero potuto ammortizzare il problema, molte erano spente. Altre si sono disattivate a causa di un meccanismo di sicurezza automatico un po’ troppo sensibile (e un po’ troppo automatico). Tutto questo, in seguito alla caduta del ramo di un albero: il Grtn ci ha fatto sapere che una simile evenienza non era assolutamente prevista.
Vale a dire che ci sono momenti, nella gestione della rete elettrica italiana, in cui basta un ramo, o la più piccola sciocchezza, per farci piombare nel buio, a prescindere da quanta elettricità stiamo consumando (la notte del black-out, ad esempio, la domanda di energia era particolarmente bassa). Chiediamo al Grtn quali forme di precauzione, rispetto all’anno passato, sono state adottate per evitare un altro disastro. Il presidente, Andrea Bollino, spiega che questa estate molte centrali eviteranno i lavori di manutenzione, rimandati all’inverno. In realtà le centrali hanno compiuto questa scelta in maniera autonoma, perché il prezzo dell’energia estiva è aumentato e restare aperti, quest’anno, conviene di più. Secondo il Grtn, inoltre, stiamo comprando molta meno energia dalla Svizzera e adesso le loro linee elettriche sono costantemente monitorate. Sull'efficacia di questa precauzione si potrebbe discutere a lungo. Comunque, a partire dal 15 luglio, sono aumentate le importazioni dalla Francia. Che magari ha meno alberi.