12 giugno 2008

Autostrade: quel contratto misterioso che vale miliardi

1.128 PAGINE MAI VAGLIATE DA CIPE E CORTE DEI CONTI

UN DOCUMENTO CHE REGOLA I PROSSIMI 30 ANNI DI CONVENZIONE E ANNUNCIA NUOVI AUMENTI. E CHE HANNO VISTO IN POCHI.

(Il Salvagente)

di Francesco Martini



Il nuovo contratto per la gestione delle autostrade italiane è lungo 1128 pagine. È un documento
fondamentale: una virgola fuori posto può cambiare la destinazione di miliardi di euro. Da quelle pagine dipende il costo dei pedaggi, che pesa sulle tasche degli automobilisti e degli autotrasportatori. Le nuove regole condizionano il prezzo delle merci e l’inflazione.
È lecito credere, quindi, che siano state analizzate in ogni dettaglio, passate al setaccio dalle più autorevoli autorità dello Stato. Perché quel contratto, dalla scorsa settimana, è legge.
Eppure qualcosa non torna. Ci sono domande che meritano una risposta: gli investimenti e i lavori di ristrutturazione, che negli ultimi dieci anni sono rimasti al palo, saranno sbloccati?
Le concessionarie, in caso di inadempienza, dovranno finalmente pagare delle penali?
Il valore delle concessioni è cambiato?
Insomma: con le nuove regole, chi ci guadagna?
Le risposte però le conoscono in pochi. Perché il contratto non è stato sottoposto al vaglio del Cipe e della Corte dei Conti. E non è stato reso pubblico. Neppure in Parlamento.

“Cercate altrove”

L’articolo che segna il destino, per i prossimi trent’anni, della colonna vertebrale dei trasporti italiani, è il numero otto duodecies del decreto soprannominato “Salva Rete4”. Poche righe, che approvano in un colpo solo “tutti gli schemi di convenzione”. La “Convenzione unica”, che fino alla scorsa settimana era solo una bozza in attesa di pareri e valutazioni, adesso improvvisamente sostituisce i vecchi contratti. Ma che c’è scritto in questo documento, divenuto fondamentale?
Deputati e senatori, chiamati al voto per trasformarlo in legge, non l’hanno visto.
“Non abbiamo ricevuto neanche una relazione finanziaria”, precisa Luigi Zanda, senatore del Partito
democratico. “Sta di fatto che in Borsa - continua Zanda - il titolo di Autostrade è schizzato verso l’alto. Possiamo solo presumere che il decreto favorisca il concessionario. Non ci è stato detto
se le nuove regole rappresentano un onere aggiuntivo per lo Stato e per i cittadini. Non si è parlato di eventuale copertura finanziaria. Bisognerebbe vedere i numeri, le cifre sul contratto. Ma questa possibilità non ci è stata data”.
Certo, non si poteva distribuire ai portaborse tutto il faldone, che comprende anche gli allegati tecnici. Ma le prime 39 pagine, che sono il “corpus” del contratto, meritavano almeno un’occhiata. Dall’ufficio legale di un grande partito confidano che il documento non si trova
facilmente. Hanno chiesto una copia ad Autostrade per l’Italia. Risposta? “Cercate altrove”.
Il Salvagente, comunque, è riuscito a recuperare lo schema di contratto, il malloppo di fogli e formule che vedete fotografato in queste pagine (alcuni parlamentari ci hanno chiesto, per cortesia, di fornirgli una fotocopia).



Si riconoscono le firme dell’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci, e di Pietro Ciucci, presidente dell’Anas. È stato introdotto un sistema di penali commisurate alle inadempienze del concessionario. Sono stati aggiunti nuovi lavori da portare a termine. Per finanziarli, però, è stato previsto anche un ulteriore aumento dei pedaggi. E poi ci sono lunghe espressioni algebriche, che avrebbero meritato l’analisi di occhi esperti, come quelli del Cipe e della Corte dei Conti.

Affare per pochi

Il padre della “Convenzione unica” è Antonio Di Pietro, ministro alle Infrastrutture nel governo Prodi. Ma la proposta di trasformarla in legge senza passaggi intermedi è stata presentata dal governo Berlusconi. Di Pietro ha votato contro, rinnegando la sua stessa “creatura”.
“A questo punto - spiega Felice Belisario, presidente al Senato dell’Italia dei valori - il testo dello schema di Convenzione potrebbe anche essere cambiato. Senza il controllo degli organismi preposti, non abbiamo alcuna garanzia”.
Nel 2006, dalla poltrona di ministro, Di Pietro si era scagliato contro i vecchi contratti del 1997: troppo “morbidi”. In effetti, nel caso di Autostrade per l’Italia, meno della metà dei lavori concordati è stata portata a termine, ma il concessionario non ha mai pagato penali. Nel frattempo i pedaggi hanno continuato a crescere, premiando ipotetiche “previsioni di investimento”.
La nuova Convenzione avrebbe dovuto correggere queste storture. Senonché, un contratto non si modifica in modo unilaterale, con una decisione d’imperio come avrebbe voluto fare Di Pietro. Per bloccare i propositi del leader dell’Italia dei valori, quindi, è intervenuta la Commissione europea, che ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia. Perciò la bozza della Convenzione, sotto questa spada di Damocle, è stata scritta, perlomeno, con timidezza.
Ricapitolando. Il nuovo contratto è stato trasformato in legge senza un parere degli organismi di controllo, chi ha scritto le regole oggi le rinnega e il Parlamento ha approvato un documento pressoché sconosciuto.
Ma c’è di più. Negli ultimi otto anni Autostrade Spa ha rastrellato profitti straordinari, scalando
la classifica delle società più redditizie d’Europa, eppure Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, di fronte al cambio delle regole non fa una piega, anzi, si dice più che soddisfatto delle novità. A pensar male si fa peccato. Però… ●


BRUNO TABACCI, UDC
“È uno scambio per Alitalia”
“Chi vince le elezioni non è autorizzato a tutelare e promuovere conflitti di interessi”
Si è fatto silenzio alla Camera quando Bruno Tabacci ha preso la parola sul decreto soprannominato “Salva Rete4”, che nei giorni scorsi ha superato anche l’esame del Senato. Perché il deputato dell’Unione di centro, fondatore del movimento della Rosa bianca, pesa le parole con attenzione e nel mezzo della polemica sul destino della quarta rete, a sorpresa, ha puntato il dito in una direzione diversa, verso quello che considera il vero “clamoroso conflitto”: l’articolo sulle concessioni autostradali.
Secondo Tabacci “è una forzatura” legata in modo sotterraneo “alla questione Alitalia”. Di fatto, la stragrande maggioranza dei percorsi autostradali sono controllati dal gruppo Benetton, che nelle ultime settimane ha dichiarato di “guardare con favore” alla compagnia aerea di bandiera.
Tabacci, perché l’articolo sulle autostrade non le è piaciuto?
Perché si evita un passaggio fondamentale, l’esame da parte del Cipe, che ha l’autorità di intervenire sui contratti pubblici. È molto grave.
Per quale motivo?
Perché i concessionari sono stati messi in condizione di decidere da soli il contenuto dei loro contratti.
Ma che c’entra Alitalia con i pedaggi?
Il discorso che ho fatto in aula era esplicito.
Si spieghi: c’è un accordo del governo con gli industriali delle autostrade, per incentivare la partecipazione alla cordata per Alitalia?
In aula ho affermato che l’articolo sulle autostrade potrebbe chiamarsi “lodo Ermolli”.
È il finanziere indicato dal presidente del Consiglio per individuare una cordata per Alitalia.
Il senso è chiaro.
Lei ha parlato anche di extraprofitti delle società autostradali. Perché “extra”?
Perché la formula che regola i pedaggi è calcolata sugli investimenti dei concessionari e sui volumi di traffico.
Il traffico è sottostimato?
Su questo tema dovrebbe essere svolto un controllo.
E gli investimenti, sono stati fatti nei tempi e nei modi stabiliti?
Anche su questo sarebbe necessaria un’opera di vigilanza.
È compito di Anas.
Anas svolge già il doppio ruolo di concessionario e concedente. Il conflitto di interessi è evidente. Ha dimostrato di non essere in grado di vigilare.
Serve una Authority dei trasporti?
Serve qualcuno che controlli il settore.Potrebbe essere un’autorità di garanzia fra quelle già esistenti.



LUCIO MALAN, PDL
“Solo fantasie, costretti dall’urgenza”

Lucio Malan, senatore del Popolo della Libertà e relatore del decreto “Salva Rete4”, difende l’articolo sulle autostrade con qualche cautela. “È un provvedimento di emergenza”, spiega.
Quale emergenza?
Quella che ci ha costretti a intervenire per rimediare alle norme volute nel 2006 dal ministro alle
Infrastrutture di allora, Antonio Di Pietro.
Dov’era il problema?
Sono state giudicate incompatibili dalla Commissione europea. Che ha avviato una procedura di infrazione.
In che modo siete intervenuti?
Il contenzioso innescato da Di Pietro aveva paralizzato il sistema delle concessioni. Si era creato un clima di incertezza fra gli imprenditori del settore. Che avevano bloccato gli investimenti. Adesso, invece, gli investimenti possono ripartire. E creare posti di lavoro.
Lo schema di Convenzione è stato voluto da Di Pietro. Lo avete lasciato invariato?
Siamo intervenuti modificando alcuni dettagli.
Ma perché saltare il Cipe e la Corte dei Conti?
Per recuperare il tempo perduto.
Una semplificazione, dunque.
Sì. Una semplificazione, dettata dall’urgenza.
Sta di fatto che in Borsa le Autostrade hanno fatto un salto positivo. Le nuove regole arricchiscono il valore delle concessioni?
Non sono azionista, perciò non saprei dire. Di sicuro, cresce il valore dell’azienda-Italia, perché
avremo autostrade più efficienti.
Sono state avanzate alcune critiche. L’onorevole Tabacci, ad esempio, intravede un accordo con le imprese del settore, finalizzato a risolvere il caso Alitalia.
Ho sentito, sì. Mi sembra una cosa fantasiosa. Romanzesca, direi.