10 agosto 2006

Gas e gestori: a quando la concorrenza sulle tariffe?

(Il Salvagente)

di Francesco Martini

Il mercato del gas è libero: chi se ne è accorto? Pochi. Le famiglie possono scegliere il fornitore che preferiscono e le aziende hanno a disposizione 6,5 milioni di potenziali clienti: non è notizia di ieri, il gas è stato liberalizzato il primo gennaio 2003. Eppure la maggior parte degli italiani non ne ha mai sentito parlare. Perché la concorrenza è debole.

I nuovi gestori, come Enel Gas, sembrano timidi e fanno pochi affari. Anche perché i prezzi degli operatori sono molto simili, e continuano ad aumentare.
Lo dimostra l’”Indice nazionale energia e gas”, un’indagine del istituto di ricerca Cfi&Gpf che Il Salvagente pubblica in esclusiva. Solo il 6,4 per cento degli intervistati ha cambiato gestore nell’ultimo anno. Anche perché il 43,5 per cento non sapeva di avere questa opportunità. Le percentuali, oltretutto, riguardano soltanto il Centro Nord: da Roma in giù la situazione è molto più grave.

Sud troppo lento

“Il Mezzogiorno non è stato preso in considerazione”, conferma Giovanni Monaco, senior consulting del gruppo Cfi&Gpf, spiegando che “l’obbiettivo della ricerca è tenere d’occhio gli effetti della liberalizzazione. Ma nel Sud del paese sono troppo scarsi, perciò abbiamo preferito analizzare soltanto alcune città del centro e del settentrione”. Vale a dire che la differenza di sviluppo del meridione, in alcuni settori, è talmente accentuata che le statistiche risulterebbero completamente “sballate”, perciò le ricerche di mercato devono essere svolte separatamente.

Risparmi marginali

Ma i dati sugli effetti della liberalizzazione del gas, raccolti a Roma, Milano, Bologna, Torino, Genova, Brescia, Piacenza, Reggio Emilia e Parma, sono comunque deludenti.
“Diciamo subito una cosa fondamentale: il servizio funziona, l’erogazione di gas è continua”, commenta Monaco, aggiungendo che “non è affatto un risultato scontato. La fornitura dell’elettricità, ad esempio, non è sicura come quella del gas”. Di conseguenza il giudizio sui gestori, da parte dei clienti, è favorevole: il metano non manca mai. Hanno meritato una nota di merito anche la cortesia del personale, la precisione delle letture dei contatori e la puntualità delle bollette. Ma i call-center costringono i clienti a rimanere a lungo appesi alla cornetta e le bollette sono poco chiare. Dalla ricerca di Cfi&Gpf, inoltre, emerge un dato molto interessante: i clienti vorrebbero essere informati sulle opportunità di risparmio. Segno che la spesa per il gas è mal sopportata dalle famiglie. “Gli italiani, abituati a decenni di monopolio, non sono in grado di immaginare un servizio molto diverso da quello che già ricevono” commenta Monaco, spiegando che “risparmiare sul gas è difficile, anche perché i gestori non propongono tariffe personalizzate. Ciò nonostante il desiderio di ricevere informazioni sulle opportunità di risparmio (ad esempio, su un uso corretto delle caldaie, e così via), testimonia l’esigenza di un’offerta diversa”. Eppure il mercato è aperto e i quindici operatori italiani (ovvero Italgas, Enel Gas e le aziende municipali) che vendono più di un miliardo di metri cubi di metano all’anno, in teoria, dovrebbero farsi concorrenza sui prezzi. “Le tariffe dei vari operatori sono tutte molto simili”, commenta il responsabile di Cfi&Gpf, spiegando che “chi sceglie di cambiare gestore può sperare di ricevere, al massimo, un risparmio annuale di una ventina di euro. Che non basta a spostare i clienti: finché non si offre una possibilità di risparmio del 10 per cento, acquisire nuovi clienti è difficile”.
Il commento di Paolo Landi, segretario di Adiconsum, è secco: “Dopo aver preso la decisione di liberalizzare il mercato gas, adesso è necessario attuarla. Invece non è mai decollata: soltanto l’Enel si è proposto come operatore alternativo. Ma applica sconti marginali. Il motivo è semplice: la liberalizzazione riguarda soltanto le vendite ai clienti finali. Ma l’importazione del gas, lo stoccaggio, il dispacciamento, sono ancora nelle mani di un solo operatore, l’Eni. Perciò i prezzi restano fermi”, continua Landi, spiegando che “Adiconsum ha chiesto all’Autorità garante per l’energia e il gas, in vista di una liberalizzazione completa, di procedere come già è stato fatto nel settore elettrico, con l’istituzione di un acquirente unico. Con questo strumento lo Stato avrebbe la possibilità di scegliere, in alternativa a Eni, il fornitore più conveniente, comprando il gas direttamente all’estero”.



Non sa della liberalizzazione:
Roma – il 43,3 %
Milano – il 38,7 %
Bologna – 17,4 %
Torino – 56,4 %


Il fabbisogno nazionale di gas, nel 2005, è aumentato del 7,5 per cento rispetto all’anno precedente. Ma “il quadro competitivo, nel settore del gas, è in progressivo peggioramento”. L’allarme, lanciato il 6 luglio, è del presidente dell’Autorità per l’energia e il gas Alessandro Ortis. Quali sono le cause?
Ortis non ha usato mezze misure: i consumatori italiani continuano a pagare caro il gas, e non trovano offerte migliori, perché “il mercato della vendita finale risulta fortemente influenzato dall’Eni. La carenza di forniture autonome dal mercato internazionale, infatti, costringe molte imprese a commercializzare il gas della stessa Eni”. Il colosso è impegnato nella produzione, importazione, stoccaggio e vendita all’ingrosso e al dettaglio della stragrande maggioranza del gas italiano. Di conseguenza, gli operatori faticano a ritagliarsi uno spazio e si affacciano solo in poche città. Ecco perché gli investimenti, anche nel settore pubblicitario, restano pochi: non ci sono tariffe convenienti da sbandierare.
Presentando il rapporto annuale sullo stato dei servizi, il presidente dell’autorità per l’energia ha spiegato che “la rete di vendita è frazionata territorialmente. Gli operatori sono orientati principalmente al consolidamento delle proprie posizioni locali e nella maggior parte dei casi appartengono allo stesso gruppo del gestore di distribuzione”, ovvero all’Eni. Questo spiega le “deboli iniziative commerciali destinate ai piccoli consumatori”. Anche perché “l’accesso alle reti di distribuzione”, per gli operatori, è regolato da “condizioni discriminatorie, scarsamente trasparenti”, come testimonia “l’elevato numero di segnalazioni di rifiuto di accesso pervenuto all’Autorità”. In breve, le aziende che potrebbero lanciarsi nella vendita del gas preferiscono tenersi in disparte, per timore di finire schiacciate.
La città in cui la concorrenza è più accesa, comunque, è Bologna, dove Enel Gas ha puntato i maggiori sforzi, facendo leva su un’enorme capacità di investimento (peraltro, senza ottenere risultati eclatanti). Perciò, mentre a Roma più della metà dei cittadini non sa che può cambiare gestore, a Bologna l’83,6 per cento è stato informato. Segno che l’azienda è intervenuta in maniera decisa (alcuni clienti, addirittura, hanno ricevuto la fornitura senza neppure averla richiesta: succedeva alla fine del 2005). Eppure a Roma come a Bologna per i consumatori è cambiato poco, perché i prezzi sono rimasti alti: in media, secondo l’istituto Cfi&Gpf, le famiglie spendono oltre 800 euro all’anno. Fra le grandi città prese in esame quella in cui le famiglie risparmiano di più e Milano, dove la spesa media è di 472 euro all’anno. Ma le tariffe non c’entrano: nella città lombarda, infatti, sono molto diffusi i riscaldamenti centralizzati, che consentono di ridurre le spese.