6 settembre 2012

Ma quale stretta sui giochi: è via libera alle slot

 
di Francesco Martini

(www.ilsalvagente.it)


Più trasparenza negli spot pubblicitari dei Gratta&Vinci e degli altri giochi d'azzardo controllati dallo Stato. È una delle novità introdotte dal decreto Balduzzi, approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Il Salvagente, già nel luglio del 2008, aveva denunciato per primo le pesanti omissioni dei gestori: ai giocatori erano tenute nascoste informazioni fondamentali, come le probabilità di vittoria




Il diritto a una corretta informazione

Dopo quattro anni, con il decreto, sarebbe riconosciuto ai giocatori il diritto a una corretta informazione: negli spot dovranno essere specificate le probabilità di vittoria per ogni concorso.
Le pubblicità sarebbero definitivamente vietate, addirittura, per i giochi "aleatori", nei quali le vincite sono determinate dal caso.
 

In attesa delle circolari attuative

Stranamente, però, il divieto sembra applicarsi alla quasi totalità dei giochi d'azzardo legalmente riconosciuti. In un modo o nell'altro, infatti, fanno tutti riferimento al caso. Per capire se il decreto punta alla trasparenza o a un divieto assoluto bisognerà aspettare le circolari attuative.
Solo allora sapremo, ad esempio, se saranno pubblicizzati alcuni dati attualmente segreti, come le percentuali di restituzione sulla raccolta per ogni singolo biglietto del Gratta&Vinci.
È la parte di denaro speso dai giocatori che viene “restituito” con le vincite: il dato che più di ogni altro consente di valutare e confrontare la convenienza di ogni gioco. Oltretutto, a voler fare le cose perbene, dovrebbe essere reso pubblico anche il numero di biglietti vincenti già estratti, perché influiscono pesantemente sulle probabilità di vincere.
 

Ma quali sono i "giochi aleatori"?

Nella preparazione delle circolari attuative, fra l'altro, sarà interessante osservare i salti mortali dell'Agenzia dei Monopoli nell'opera di classificazione dei “giochi aleatori”, quelli che non potranno più essere pubblicizzati. Perché il concetto di “caso” si presta a numerosissime interpretazioni e gli interessi in ballo sono enormi.
 

300 milioni di spot

Infatti il business delle pubblicità nei giochi, secondo uno studio commissionato dall'agenzia stampa specializzata AgiCos, vale la bellezza di 300 milioni di euro. Una valanga di soldi che sarebbe destinata a sparire, così, tutta d'un colpo.

 

Le slot machine "distanziate"

Il governo, apparentemente, ci va giù duro: le slot machine d'ora in poi potranno essere installate solo a una distanza minima di 200 metri dalle scuole e anche - non si capisce bene perché - dagli ospedali e dalle chiese.
Per quale motivo il governo Monti, in un momento di difficoltà, avrebbe scelto di colpire un settore così redditizio? Sembra strano, perché lo scorso anno i cittadini hanno speso in giochi la bellezza di 79,9 miliardi di euro: di questi, 8,7 miliardi sono finiti direttamente nelle casse dell'Erario. In tempi di magra male non fanno.
 

Ma il governo dà mano libera su altri fronti

A ben guardare, c'è il trucco. Le misure restrittive, in realtà, si affiancano ad altre decisioni di segno completamente diverso.
Con il placet dell'esecutivo è stato dato il via libera a nuovi, lucrosissimi giochi. L'Agenzia dei Monopoli ha approvato la commercializzazione, a partire dal 3 dicembre prossimo, delle slot-machine on-line: si giocherà alle slot su Internet, puntando comodamente da casa.
 

Le slot on line ad esempio...

Secondo Fabio Felici, direttore di AgiCos, per lo Stato e i concessionari sarà un ottimo affare, perché le slot "a distanza" sono un prodotto di grande successo. Nel mondo, sul totale dei giochi on-line, coprono due terzi del fatturato.
Il decreto che impone nuovi limiti sui giochi, oltretutto, ha un grande difetto: lascia irrisolta una contraddizione. Anzi, se possibile la aggrava. Da oltre un decennio la Commissione europea chiede all'Italia di fare chiarezza sul mercato di giochi, monopolizzato dallo Stato attraverso un sistema di concessioni a privati.
 

La Corte europea fa domande incalzanti

La Corte europea, in particolare, vorrebbe sapere quali motivi giustificano il controllo pubblico e la conseguente chiusura del mercato con regole che impediscono la libera concorrenza (solo Lottomatica, ad esempio, è autorizzata a stampare Gratta&Vinci). L'Italia, nella lunga serie di carteggi spediti alla Corte, ha motivato la scelta con esigenze di sicurezza e tutela dei cittadini. Sotto il cappello dello Stato, in teoria, sarebbe più facile evitare infiltrazioni della criminalità organizzata. Non solo: conservando il controllo, lo Stato si impegnerebbe a "disincentivare" il gioco d'azzardo, anche per proteggere i cittadini dal rischio di "ludopatie".
 

Solo scuse

Quelle fornite alla Corte, evidentemente, sono solo scuse. Nascondono un'altra, più forte motivazione per conservare il controllo pubblico: rimpinguare le casse dello Stato con i soldi dei giocatori. Le infiltrazioni mafiose nel business dei giochi sono una realtà ampiamente documentata dalle relazioni annuali della Commissione antimafia: lo Stato, invece di tenere lontani i mafiosi, li attrae come mosche sul miele. Non solo. Negli ultimi otto anni, con l'attuale sistema di concessioni statali (che premia sempre le stesse aziende), la spesa dei cittadini in giochi d'azzardo è passata da 250 a 1000 euro a testa.
 

Il boom delle sale giochi

In alcuni paesini del Sud Italia si trovano più sale giochi che alimentari: dal 2003 le dimensioni del settore sono addirittura triplicate, fino a incidere sul Prodotto interno lordo per oltre il 3,8%.
E le “ludopatie”, con le nuove "slot-machine" on-line, potrebbero aumentare in modo impressionante, perché il gioco in questione provoca fortissima dipendenza psicologica. Altro che "disincentivare": se le intenzioni si vedono dai risultati, dai governi Berlusconi al governo Prodi fino all'attuale governo "tecnico", i giochi sono stati incentivati, più che mai.
 

Misure solo di copertura?

Le nuove misure, quindi, potrebbero avere soprattutto un ruolo di “copertura” agli occhi del mercato europeo e - perché no - anche del Vaticano, da sempre nemico del gioco azzardo e così vicino a numerosi esponenti di governo. Un velo pietoso per continuare a far cassa conservando il monopolio pubblico, garantendo ricchi margini allo Stato, sempre insieme agli stessi, fidati concessionari.
Nel frattempo, al termine della messa, i fedeli che vogliono giocare dovranno fare più di strada per coprire la "distanza minima": duecento metri in più, e sono tutti contenti.